Hanno ammesso di aver preso parte al sabotaggio al cantiere di Chiomonte, la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, durante il quale venne incendiato un compressore, ma continuano a negare l’accusa di terrorismo. Mattia Zanotti, Claudio Alberto, Niccolò Blasi e Chiara Zenobi, i quattro attivisti No Tav in carcere con l’accusa di terrorismo, hanno preso la parola per alcune dichiarazioni spontanee durante il processo che si svolge nell’aula bunker delle Vallette.
«La procura – ha detto Zanotti – ha costruito un castello di accuse, ma la verità è più semplice e meno roboante». Poi ha aggiunto: «La voce ascoltata nelle intercettazioni telefoniche è la mia. Non posso dire come possa essere trascritto quel gesto nella grammatica del codice penale. Posso solo dire che quella notte c’ero anch’io. Che fossi lì per dimostrare la mia inimicizia verso il cantiere e sabotarlo ve lo dico io stesso. Ma parlare di capi, organigrammi, commandi e strateghi significa proiettare su quell’evento l’ombra di un mondo che non ci appartiene».
«Non mi stupisce che gli inquirenti usino parole come assalto e gruppi militari – ha continuato Claudio Alberto, definendo anche “ardita” l’incriminazione per terrorismo della Procura – a qualsiasi cosa abbia a che fare con guerra ed eserciti mi fa ribrezzo». Sullo stesso tono Chiara Zenobi: «Gli attacchi indiscriminati, le armi da guerra appartengono agli Stati e ai loro emulatori», mentre Niccolò Blasi ha concluso che «Dietro a quelle reti c’eravamo tutti. Qualunque siano le conseguenze delle nostre azioni ad affrontarle non saremo soli».