di Chiara Foglietta *
E’ passato quasi un anno dall’approvazione che ci fa essere “quasi” uguali davanti alla legge. Non è il matrimonio egualitario certo, ma ci fa “esistere”, ci rende visibili agli occhi degli altri, fa in modo che tutti siano obbligati a riconoscere le nostre unioni, le nostre vite, le nostre famiglie e il nostro amore. Simone e il compagno vogliono cercare una nuova casa a Torino in Circoscrizione 4 che si è sempre spesa istituzionalmente al fianco delle associazioni Lgbt nel contrasto all’omotransfobia.
“Il proprietario affitta solo alle famiglie” gli viene risposto così dall’agente immobiliare, come a lasciar intendere che i gay non sono ben accettati. Quando i miei genitori decisero di andare a convivere prima di sposarsi subirono lo stesso trattamento di Simone e del compagno. Coppia eterossessuale, lavoratori a tempo indeterminato, busta paga e carta d’identità alla mano, ma un piccolo dettaglio: il luogo di nascita di mio padre non era Torino, ma Foggia. Loro si videro rifiutare la proposta perché mio padre era meridionale. Era il 1981, però.
Siamo nel 2017 e la denuncia avvenuta ieri da Simone su Facebook e ripresa oggi da alcuni quotidiani ci dimostra quanto sia ancora necessario il lavoro di sensibilizzazione delle associazioni, quanta strada ancora sia ancora da percorrere per superare le barriere culturali e mentali che attanagliano il nostro Paese. Forse non basta una legge, occorre denunciare, alzare la testa e informare. Noi siamo famiglia, come tutti gli altri.
*consigliera comunale Pd