La particolarità e stranezza degli spettacoli di Dario Fo, oltre alla genialità dei testi e l’immensa bravura attoriale e mimica, era l’interazione con il pubblico, l’atmosfera conviviale che riusciva a creare, il rapporto ogni sera differente a seconda del pubblico che si trovava davanti. E io mi ritrovo a teatro, in sala, luce piena e Matthias Martello , attore, che saluta ad uno ad uno il pubblico e annuncia l’inizio dello spettacolo. Così, Eugenio Allegri, regista, decide di affrontare Mistero Buffo, dando al pubblico ciò che si aspetta di vedere.
Matthias ci accompagna in questo viaggio, facendoci entrare in punta di piedi nel mondo di Dario Fo. Alle sue spalle immagini in bianco e nero, che ci riportano agli anni ’70. E dopo aver ricordato con rispetto e ammirazione la meravigliosa coppia Fo/Rame, Matthias ci racconta attraverso un quadro, La nave dei folli, la nascita del giullare.
Eccoci nel vivo delle “giullarate”. Matthias e Allegri decidono di non allontanarsi così tanto dall’interpretazione di Dario Fo, pur dando prova da subito della eccellente interpretazione di Matthias che con maestria affronta un contadino padano, un padrone ricco e prepotente, un meraviglioso prete capace di gestire il Grammelot in maniera eccelsa ed un notaio imbroglione.
L’astuzia del regista è regalarci l’opera fedele di Dario Fo attualizzandola con l’intrusione di personaggi attuali passando da Berlusconi a Grillo fino ad arrivare a Sgarbi.
Così arriviamo alla seconda giullarata: Bonifacio VIII.
In pieno stile Fo, Matthias ci introduce la sua versione delle giullarate. Ecco che in scena appare Bonifacio VIII durante la sua vestizione prima della processione, fino ad arrivare all’incontro con Gesù Cristo. E ancora il racconto della Parpaia topola, presa dal Fabulazzo Osceno , che riesce a farci provare una serie di emozioni contrastanti, passando dalla risata frivola e banale ad una spontanea tenerezza verso gli umili. Il gioco è riuscito. Ancora una volta , la satira di Dario Fo, e la bravura di un giovane attore e del suo regista, fanno si che i sorrisi lascino il posto ad una amara ma lucida consapevolezza che l’uomo e ancora ben lontano dal dare sostanza ai buoni propositi divini.