“La realtà a volte supera l’immaginazione, ma se un fatto pare incredibile non si può automaticamente concludere che non sia avvenuto: ci vuole pazienza, per venirne a capo”. A quarant’anni da quel 13 maggio 1981 che segnò una svolta nello scontro tra Est e Ovest, innescando una serie di ricatti e regolamenti di conti in uno scenario che vedeva al centro il Vaticano e che turba tuttora le coscienze, un libro svela tutti i retroscena dell’attentato a Giovanni Paolo II.
È “Il crimine del secolo” (Fandango) del giornalista del Corriere della sera e scrittore Fabrizio Peronaci, in uscita in tutta Italia (librerie tradizionali e online). Peronaci, che con la battuta iniziale evidenzia la sfida del suo libro, non ha perso il vizio di sorprendere con ricostruzioni avvincenti, arricchite dal suo spirito di giornalista investigativo che non dimentica di fotografare il clima sociale e umano.
Tra motorini Ciao e Boxer, tasche piene di gettoni telefonici, “Il tempo delle mele” come film di culto e i 45 giri dei Duran Duran, le drammatiche vicende narrate ci riportano ai terribili e svagati anni Ottanta. Un clima disincantato, votato al disimpegno, che dovette però fare i conti con uno dei periodi più torbidi a livello internazionale, mentre in Italia dominava la P2 tra bombe e scandali. E’ in questo contesto che si muovono i protagonisti de “Il crimine del secolo”: giovani vittime e carnefici, spioni e cardinali, faccendieri e spavaldi malavitosi. Le tragedie di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi, sparite a 15 anni, Katy Skerl, strangolata a 17, Paola Diener, morta fulminata sotto la doccia a 33, Jose’ Garramon, investito a 11 anni in pineta e (in una fase successiva) Alessia Rosati, 21 anni, mai più tornata a casa, secondo la circostanziata ricostruzione dell’autore furono tutti “effetti collaterali” (più o meno diretti) dell’evento primario, l’attentato (rimasto senza mandante) compiuto dal turco Ali Agca quel 13 maggio di 40 anni fa.
“Mi sono avvalso di quattro nuove fonti: un investigatore di primo livello, oggi in pensione; un agente del servizio militare ex Sismi, che operò in contatto con i colleghi di Gladio; un monsignore giunto alla soglia del secolo di vita, che ha avuto una lunga carriera in Vaticano e molto sa sulla fine di Emanuela Orlandi; un vescovo, nel frattempo defunto, che ha avuto cura di lasciare tracce scritte sul movente del sequestro della ragazza con la fascetta ”, spiega Fabrizio Peronaci. Nel sui nuovo libro (che giunge a conclusione di un lungo lavoro segnato dalle due opere precedenti sullo stesso argomento, “Mia sorella Emanuela” e “Il Ganglio”) sono pubblicati documenti ecclesiali inediti e nuove rivelazioni, frutto del tenace impegno di investigazione giornalistica. Contributi inediti che, dopo decenni di silenzio, possono fornire preziose indicazioni sia sull’attentato al papa polacco sia sulla serie di sparizioni e omicidi di giovani vittime in oscure circostanze, a partire da quella più famosa di Emanuela Orlandi.
Chi aiutò e consigliò Ali Agca, un killer di estrema destra sospettato di aver lavorato per i bulgari fedeli al Kgb? Che ruolo ebbe la Stasi e quei servizi francesi sempre molto informati? Chi convinse Il turco a ritrattare le accuse? Che fine hanno fatto le diverse inchieste giudiziarie che spaziarono in vari Paesi e durarono quasi vent’anni?
Di certo solo la pista bulgara sfociò in un processo e ipotizzò possibili mandanti, che vedevano dominante la lunga mano rossa dell’Unione Sovietica. Questo con la messa sotto inchiesta degli addetti dello scalo della Balkan Air da parte del giudice Ilario Martella. Per molti in quell’inchiesta risiedono le chiavi di lettura sul mistero dei mandanti.
Per il resto si assistette ad un incredibile vortice di personaggi, spie, faccendieri senza scrupoli, malavitosi e porporati fronteggiarsi in un momento chiave dello scontro tra Est e Ovest. Uno scontro che si sviluppò in modo sconvolgente anche sotto il Cupolone e che vide nel mirino cardinali e istituzioni, a partire dallo Ior, la banca vaticana guidata da Paul Marcinkus.
Un quadro in cui sono state evidenti e persistenti le operazioni di depistaggio all’origine anche della confusione e difficoltà che persiste nell’opinione pubblica su questa tematica.
L’analisi di Peronaci sposa con criticità la tesi della pista internazionale, aprendo però a nuove chiavi di lettura che rielaborano i forti contrasti emersi in Vaticano. Un quadro intricato, sul quale “Il crimine del secolo” apre importanti squarci, tenendosi alla larga da scenari spesso surreali, buoni solo per suggestioni devianti o sensazionalismi televisivi.
Una ricerca di verità che per i parenti delle vittime è sacrosanta richiesta di giustizia. “Il mio lavoro – ha spiegato Peronaci nella diretta Facebook dal suo Gruppo di Giornalismo investigativo – fornisce per la prima volta un quadro di riferimento politico, istituzionale e spionistico tale da comprendere tutte le connessioni tra l’evento primario, l’attentato del 13 maggio 1981, e i successivi gialli mai risolti. Le connessioni sfuggite per quarant’anni agli occhi dei cronisti, sono diventate evidenti grazie alle nuove prove da me raccolte, alla visuale storica utilizzata e alla selezione tra piste rivelatesi fondate e palesi depistaggi”. La ragione di Stato, nell’intrigo partito esattamente 40 anni fa con l’attentato al Papa, ha un peso determinante. Come in un angosciante gioco della matrioska, man mano che prove, indizi e riscontri trovano la giusta collocazione, la “ragazza con la fascetta” e gli altri giovani protagonisti di questa catena di sangue e dolore escono dall’ombra, in un crescendo mozzafiato e con talune evidenziazioni che fanno riflettere.
Il giornalista-scrittore, nella sua anteprima su Fb, ha rimarcato quanto da lui pubblicato a pagina 358 de “Il crimine del secolo”. Si tratta dell’ultimo dei documenti allegati in coda al volume. Una nomina ufficializzata nel bollettino della Santa Sede del 3 ottobre 2019, ma passata in sordina davanti all’opinione pubblica: quella di Giuseppe Pignatone, ex capo della procura di Roma, magistrato che ha fortemente voluto l’archiviazione del caso Orlandi, a presidente del tribunale della Santa Sede.