In un paesone come quello di Borgo San Dalmazzo nel cuneese ci si conosce quasi tutti. Le notizie corrono in fretta. E altrettanto velocemente alcune storie, alcune vicende si arricchiscono di particolari, gettati lì nel polverone della trama, ma che possono dare nuovi spunti all’intreccio.
È il caso di quella che sta diventando la leggenda della mummia di Borgo San Dalmazzo.
Molto grasso per conservare
Rosa Giraudo muore e in una stanza dell’abitazione viene ritrovato un corpo mummificato, seduto su una poltrona con la mano destra alzata in segno di benedizione. La villetta degli orrori, ormai la chiamano così. Era il corpo di Graziella Giraudo di cui neanche la figlia, che viveva nell’alloggio accanto, sapeva più nulla.
Ora nuove tessere si inseriscono.
Come il racconto del macellaio del paese, quello che ha la sua bottega nella via centrale del paese: «La signora che viveva con la mummia, è venuta qui a comprare molto grasso. Mi è sembrata una richiesta strana», racconta. Da qui a pensare che Rosa Giraudo l’abbia usato per conservare la consuocera con cui viveva, il passo è breve, per alcuni. Anche perché la tac ha accertato che si tratta di una mummificazione naturale e non ci si improvvisa in queste cose. Ci vogliono accorgimenti. Ma Rosa aveva veramente le conoscenze? Ormai è certo la pelle di Graziella è stata curata quotidianamente fino ad assumere quella consistenza e quel colore che fanno diventare l’epidermide come un cuoio.
E qui si aggiunge un altro elemento. Che potrebbe non centrare nulla ma che allo stesso tempo apre scenari inquietanti. In quanti hanno partecipato a questi “riti”? Già, perché per gli investigatori diventa difficile pensare che dietro alla mummificazione ci sia solo Rosa, lei che probabilmente di conservazioni di cadavere non ne sapeva proprio nulla.
Gli imbalsamatori di Borgo San Dalmazzo
Si cerca la svolta, dunque, quella che porterebbe alla verità. E nella ricerca non si tralascia nessuna pista. Così s’intrecciano le storie, come quella degli imbalsamatori di Borgo San Dalmazzo, la famiglia Giuliano, un’arte che si tramanda da generazioni. Per oltre un secolo infatti sono stati tassidermisti, ovvero imbalsamatori di animali. Giuliano è un nome conosciuto a cui si sono affidati diversi musei per la conservazione delle specie alpine. Ma la loro fama parte dai lavori commissionatigli da Vittorio Emanuele III, passando per miliardario Rockfeller e Steven Spielberg. Per il regista hanno realizzato il modello dello squalo, utilizzato nei suoi film
C’è un legame tra loro e Rosa? È forse riuscita a carpirne i segreti? Difficile. Solo pura coincidenza dove i Giuliano e Rosa hanno in comune unicamente Borgo San Dalmazzo.
La verità lontana
L’impressione comunque è che siamo ancora lontani alla risoluzione del giallo. Anche se le tante risposte potrebbero essere veramente a portata di mano. Ad esempio le parole del macellaio che hanno rotto quel silenzio che avvolge il paese hanno smosso qualcosa e dopo di lui qualcun altro potrebbe raccontare altri particolari, per la risoluzione del caso.
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