Non è stato un incidente domestico. Nessun malore che ha causato una letale caduta. Maria D’Alò, 54 anni, insegnante in pensione, è stata uccisa. Un omicidio dunque, come viene suggerito dal rapporto del medico legale Roberto Testi, consumato in quell’appartamento al secondo piano di piazza Emanuele Filiberto 4, al quadrilatero romano.
Un giallo, che si adatta ai quei palazzi, all’angolo di via Bellezia, che fanno tornare alla mente tante storie misteriose o casi reali. Era una Torino diversa, quella dove “Porta Pila”, la Porta Palazzo cantata dallo chasonnier Gipo Farassino, parlava i mille dialetti degli emigrati venuti a cercare un lavoro nella città della “Fiatta”. Il mercato del mangiatore di vetri di Piazza Repubblica, che come il felliniano Zampanò attirava a sé tutti gli sguardi dei passanti.
Un quadrilatero che conosceva le suole del commissario Giuseppe Montesano, uno che il suo mestiere da investigatore lo sapeva fare bene, senza prove del Dna e tute bianche dei Ris. In fondo qui c’è un detto tra i poliziotti: se lanci in aria un paio di manette quando scendono finiscono ai polsi giusti.
Ora la Torino che si scorge dalle finestre da dove si affacciava Maria D’Alò è diversa: piazza Emanuele Filiberto è il cuore della movida. In verità un cuore che pulsa meno di anni fa, sostituito da quello di Piazza Vittorio Veneto prima e da San Salvario oggi. Una fetta di speculazione edilizia che non ha toccato il retro di questa via, dove gli immigrati vivono senza mojto o chiupiti.
Ma torniamo al presunto omicidio dell’insegnante. Il corpo della donna senza vita viene ritrovato in una pozza di sangue dall’ex convivente Roberto Levrini, consulente fiscale. Ex per modo di dire, visto che viveva ancora con la donna. Il suo cognome è sul campanello, anche se lui ufficialmente è residente in corso Francia. Ma quella mattina dell’8 aprile non era in casa. Aveva dormito fuori, secondo il suo racconto. Nel suo ufficio. Levrini sostiene che Maria D’Alò soffrisse da tempo di depressione e beveva molto. I lividi che aveva sul corpo, sempre secondo Levrini, erano figli di tante cadute. Dunque quando viene ritrovato il corpo gli stessi investigatori, coordinati dal pm Marco Sanini, pensando subito ad una caduta. Invece le macchie di sangue e le ferite al capo non corrisponderebbero ad incidente. La testa della donna è stata colpita tre volte. Inoltre le macchie di sangue non sono solo nel soggiorno, dove è stata ritrovata dall’ex, ma anche in camera da letto e nel corridoio.
Ma chi avrebbe ucciso la maestra in pensione? Un furto andato male? Eppure dall’appartamento non mancherebbe nulla. Insomma si indaga a 360 gradi, senza tralasciare nulla. Proprio come farebbe il commissario Montesano.
Poi c’è quella telecamera. Proprio a pochi metri dal numero quattro di Piazza Emanuele Filiberto. Quell’occhio potrebbe avere ripreso chi è entrato e poi uscito dal palazzo nelle ore in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Il suo volto quindi potrebbe essere stato filmato.
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