La campagna elettorale − ormai decollata − farcirà i discorsi della politica di promesse sempre più sbalorditive. Alcune saranno così fantasiose da risultare addirittura insensate. Tra quelle meno avventate, ce n’è una che sta progressivamente facendosi strada: una riforma fiscale che introduca, nel nostro Paese, la flat tax (tassa forfettaria), cioè una tassa che colpisca il reddito imponibile di tutti i contribuenti con un’unica aliquota, uguale per tutti. Si dice che l’aliquota percentuale potrebbe essere del 15, 20, 25 per cento, fino al 35 per cento.
Tenendo conto della presenza di questo argomento nelle esternazioni dei politici, merita forse dedicargli qualche nota.
Attualmente, in Italia, una parte di tasse si paga applicando aliquote che crescono con l’aumento del reddito imponibile, i cosiddetti “scaglioni di reddito”. Più si sale negli scaglioni, più aumenta l’aliquota che determina quante tasse dobbiamo pagare. Tecnicamente, questo sistema per stabilire l’ammontare delle tasse da versare è definito “progressivo”, ed è previsto addirittura nella Costituzione.
La flat tax si basa invece su un sistema che, sempre in linguaggio tecnico, si definisce “proporzionale”. Se c’è un’aliquota uguale per tutti (come detto prima) ad esempio del 20%, chi ha un reddito imponibile di 50 mila euro pagherà una tassa di 10 mila euro; se il reddito imponibile è di 100 mila euro, la tassa sarà di 20 mila euro. E così via.
Se in Italia si passasse da un sistema di tassazione progressivo a uno proporzionale, si produrrebbe una vera e propria rivoluzione fiscale. Buona parte dell’attuale impianto tributario sarebbe cancellato e sostituito da uno nuovo.
I sostenitori della flat tax mettono in evidenza che, introducendola anche da noi, ne deriverebbe, in primo luogo, una semplificazione del sistema fiscale, oggi così ingarbugliato da non essere neppure più decifrabile dagli addetti ai lavori (gli esempi di contraddizioni interpretative operate dagli uffici preposti si sprecano). Con la semplificazione, anche la lotta all’evasione fiscale sarebbe più facile (non c’è di meglio per stimolare l’evasione fiscale che stabilire norme sempre più complicate che favoriscono chi sa giocarci in mezzo). Una tassazione con un’unica aliquota creerebbe una maggiore giustizia fiscale tra redditi di natura diversa.
Infatti, ad esempio, i redditi di lavoro sono tassati con aliquote progressive, sempre più onerose via via che cresce il reddito, mentre i redditi di capitale sono tassati con un’ aliquota fissa e, quindi, di natura proporzionale. Con la flat tax, scomparirebbero queste differenze. Infine, la flat tax alleggerirebbe il carico fiscale di cittadini e imprese, ormai diventato intollerabile per la quantità di quattrini da versare allo Stato, alle Regioni, alle Province, ai Comuni e via cantando. E ciò favorirebbe l’economia. Pagando meno tasse, i cittadini sarebbero indotti a comprare di più (aumentando i consumi), e le imprese disporrebbero di maggiori risorse per fare investimenti.
Gli oppositori della flat tax fanno notare che la sua introduzione creerebbe un sistema ancora più complesso ed iniquo. Ad esempio, occorrerebbe stabilire una differenza se un reddito di uguale importo appartiene ad una sola persona oppure ad un gruppo familiare composto da più persone. Con la tassa basata su un’unica aliquota, nel secondo caso, per non creare ingiustizie, bisogna prevedere delle detrazioni non facili da stabilire. Oggi esistono molte agevolazioni fiscali (risulta che in Italia ce ne siano ben 440). Applicando una tassazione uguale per tutti, le agevolazioni decadrebbero. E questo, se da un lato semplifica il sistema, dall’altro danneggia i beneficiari delle agevolazioni stesse. L’applicazione della flat tax farebbe diminuire le entrate fiscali dello Stato e, quindi, farebbe aumentare il debito pubblico. Inoltre, se lo Stato incassa meno dalle tasse, dovrà tagliare molti servizi pubblici, ed i particolar modo quelli sociali, con grave danno per le classi più deboli. Da ultimo, occorrerebbe cambiare la Costituzione tenuto conto che prevede, come detto prima, la “progressività” della tassazione e non la “proporzionalità”. Conclusivamente, gli oppositori sono dell’opinione è meglio lasciare le cose come stanno.
Inutile a dirsi che tanto i sostenitori della flat tax quanto gli oppositori forniscono molti argomenti a sostegno della propria posizione e per demolire quella degli altri. Ma, sia gli argomenti degli uni, sia quelli degli altri sono tutti da verificare. Né si possono confrontare con quelli di altri Stati che abbiano introdotto la flat tax o che l’abbiano rifiutata.
Il dibattito dovrebbe avere comunque il pregio di una provocazione. Fare emergere cioè, in maniera pesante, la necessità che si metta finalmente mano ad una riforma del sistema delle tasse non soltanto “per slogan” (cosa fatta finora da tutti gli schieramenti politici, specialmente in campagna elettorale), ma in maniera concreta. E’ un sistema di cui tutti ormai avvertiamo l’intollerabilità, intollerabilità che gradiremmo fosse capita, una buona volta, da chi ci governa.