A circa sei mesi dall’insediamento della Giunta a 5 Stelle alla guida di Torino, sono molte le contestazioni indirizzate alla nuova amministrazione, sia dall’opposizione che dalla base elettorale che li ha portati al successo. In particolare in molti evidenziano delle apparenti contraddizioni fra quanto dichiarato nel programma e in campagna elettorale e quanto poi viene effettivamente attuato, in particolare nel settore urbanistico. Per chiarire la situazione e dare un apporto costruttivo al dibattito ne abbiamo parlato col diretto interessato, l’Assessore all’Urbanistica Guido Montanari, che ricopre anche la carica di Vicesindaco.
Nel vostro programma e in campagna elettorale avevate promesso un freno al proliferare dei centri commerciali, che invece sembrano destinati ad aumentare. Come ce lo spiega?
Occorre anzitutto distinguere fra grandi centri commerciali, con superfici di 10/15 mila metri quadri, e insediamenti di piccole medie dimensioni, dai 200/400 agli 800/1200 metri quadri.
Partiamo da questi ultimi, che sono quelli sui quali in questo momento spinge maggiormente la grande distribuzione…
Bisogna premettere che con la promulgazione della Legge 106/2011 [c.d. “Decreto sviluppo” del governo Berlusconi, ndr] sono state ampliate le possibilità edificatorie dei privati su aree già costruite, riducendo al contempo le prerogative di controllo degli enti comunali. In ogni caso, sulla questione ho un approccio “laico”, ovvero non sono pregiudizialmente contrario a tali insediamenti, se essi vanno a migliorare l’esistente riqualificando edifici dismessi o ampliando l’offerta commerciale. In ogni caso, in un’ottica di trasparenza, partecipazione e ascolto, noi abbiamo discusso ogni singolo progetto con le circoscrizioni interessate e le associazioni di categoria, anche se non eravamo obbligati a farlo, ma proprio per condividere le decisioni con i rappresentanti della cittadinanza. Alcune di queste strutture sono state aperte in zone ex-industriali prive di negozi. Altre in quartieri dove questa tipologia di esercizio mancava. Per capirci: fino a poco tempo fa i residenti del centro o di San Salvario, quando dovevano effettuare la spesa “grossa” settimanale o mensile, erano obbligati a recarsi in auto nei grandi centri commerciali periferici, oggi possono fruire della media distribuzione nel frattempo insediata sul territorio, continuando a utilizzare i negozi o i mercati rionali per la normale spesa quotidiana.
Per quanto riguarda invece i grandi centri commerciali?
All’inizio noi stessi pensavamo fossero il problema maggiore, salvo poi accorgerci che le problematiche si appuntavano maggiormente sulla tipologia di cui abbiamo parlato sopra. Diciamo che tali interventi nell’arco di tempo di questa legislatura saranno in numero limitato (3 o 4) e sono in parte rivenienti da scelte delle amministrazioni precedenti, in avanzato stato di progettazione, rinunciando ai quali si creerebbe un notevole danno erariale al Comune. In quel caso siamo intervenuti con disposizioni sulla diminuzione delle cubature previste e concordando opere di compensazione che vanno dalla risistemazione della viabilità all’insediamento di nuove aree verdi.
Suona strano il fatto che il Comune abbia rinunciato a una quota di plusvalenza sugli immobili di proprietà della Regione che quest’ultima intende alienare…
Non è del tutto corretto. Se si trattasse di un proprietario privato che richiede al Comune un cambio di destinazione d’uso in grado di rivalutare l’immobile, il 50% di tale rivalutazione spetterebbe al Comune stesso. Ciò non si verifica nel caso del pubblico, tuttavia avevo ragionato con la Regione sulla possibilità di riconoscere al Comune almeno il 25% di tale rivalutazione a fronte del passaggio dall’utilizzo “terziario” a “terziario abitativo”, ovvero alberghiero. Tale ipotesi sembrava percorribile, ma ora appare sfumata. Tuttavia accorderemo la variante, poiché in ogni caso la Regione, in quanto ente gerarchicamente superiore, potrebbe comunque scavalcarci, anche se con tempistiche e procedure più onerose. Inutile dunque provocare uno scontro istituzionale su questioni destinate comunque ad andare in una certa direzione.