Nessuna pressione ma una normale dialettica tra Comune e l’organo revisore. Così la sindaca Chiara Appendino ha spiegato in Sala Rossa il rapporto con i revisori dei conti dopo quanto dichiarato da Herri Fenoglio, Nadia Rosso e Maria Maddalena De Finis nella lettera con cui rassegnavano le dimissioni.
Appendino ha citato passi delle interviste che il presidente del Collegio ha rilasciato ai giornali in cui faceva riferimento ai continui rimpalli di deduzioni e controdeduzioni ai documenti di Bilancio precisando come «Si tratta del bilancio del Comune, 1,2 miliardi, enormi complessità e criticità. Trovo normale che in una situazione di divergenza di opinioni l’ente e il collegio si confrontino».
Il discorso della prima cittadina ha toccato poi l’argomento della difficile situazione che la Città sta vivendo da un punto di vista economico invitando il Consiglio comunale ad operare per il bene di Torino: «Siamo in campagna elettorale, lo capisco. Ma c’è un limite a tutto. Chi vuole bene alla città non usa polemiche strumentali per attaccare Torino. L’approvazione del bilancio è un atto fondamentale non solo per il M5S ma per ogni singolo cittadino di Torino».
Tuttavia definire “normale dialettica” i rapporti tra giunta e revisori è quantomeno azzardato. Non rientra nei canoni di normale dialettica la riunione tenuta nell’ufficio della sindaca il 28 aprile quando – alla presenza della stessa prima cittadina – i revisori modificarono i pareri espressi soltanto il giorno precedente in merito alle questioni Ream e Infrato. Una riunione molto tesa e quantomeno inusuale (i revisori dei conti sono un organo a disposizione della consiglio e non della giunta, ndr), preludio degli equivoci che hanno portato alla famosa modifica a penna dell’emendamento contenente i 5 milioni di caparra da restituire a Ream avvenuta il 3 maggio.
Revisori impreparati o revisori condizionati? Solo il tempo (e la magistratura) ci daranno questa risposta.