Si è aperto il processo d’appello “Cogne bis”, per il tentativo di inquinare le indagini per l’omicidio del piccolo Samuele, assassinato dalla madre Anna Maria Franzoni. La donna detenuta, a Bologna dove deve scontare una pena a sedici anni, deve rispondere in questo procedimento di calunnia per aver denunciato un vicino di casa di Cogne.
Lei in aula non c’era. C’erano i suoi avvocati Lorenzo Imperato e Paola Savio. L’accusa di calunnia, legata alla denuncia presentata nel 2004 contro il fotografo svizzero, Eric Durst, e costata alla Franzoni in primo grado una condanna a un anno e quattro mesi, ormai è prescritta. Ma oggi si è parlato ancora dell’omicidio di Samuele e dell’altro processo.
«Fu lei a uccidere. Il bimbo non voleva dormire e lei, in un momento di concitazione, lo colpì alla testa, verosimilmente con un pentolino», ha detto il procuratore generale Vittorio Corsi.
«Quel processo – spiega nella sua requisitoria Corsi – fece perdere la testa a centinaia di persone, dai giornalisti ai criminologi ai sedicenti esperti che si sentirono in dovere di dire la loro in televisione e sui giornali».
«L’Italia – ha continuato – si divise in innocentisti e colpevolisti. Fra i primi c’era chi, quasi per una sorta di convinzione religiosa, non riteneva possibile che una mamma avesse ucciso il proprio figlio. E c’era il fronte politico che voleva punire i magistrati, categoria di persone che per definizione sbagliavano sempre: innocentisti, per esempio, erano i giornali di un certo clan».
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