Avevamo iniziato l’anno 2013, scrivendo su questa pagina che «dopo una stagione di cose brutte, orribili, vissute con angoscia frammista a indignazione e rabbia» ci auguravamo che «fosse l’anno del cambiamento capace di restituire soprattutto ai giovani un filo di speranza, per costruire una società diversa, un’Italia nuova, riscoprendo valori che si sono offuscati, riproponendo al centro della ragion d’essere, l’uomo con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue aspirazioni».
Auspicavamo, ricordando la sequenza finale del bellissimo film “Miracolo a Milano” di De Sica e Zavattini quando il protagonista della storia narrata, “Totò il Buono”, alla domanda del ricco signore: «Tu cosa vorresti?», rispondeva: «Voglio vivere in una città dove “buongiorno” significhi veramente “buongiorno”».
Purtroppo, in quest’anno che sta per spegnersi non è stato così. È stato un anno triste nel corso del quale le cose brutte, orribili sono aumentate; chi cerca un lavoro non lo trova; i senza casa, soprattutto nelle grandi aree urbane, si contano nell’ordine di decine e decine di migliaia; i salari non sono cresciuti, mentre il costo della vita è salito alle stelle.
Ci hanno fatto credere che la crisi economica e finanziaria richiedeva ancora sacrifici ma che già si vedeva un filo di luce al fondo del tunnel nero.
Invece i sacrifici sono stati a senso unico, l’abusata parola equità è rimasta lettera morta, mentre una moltitudine di uomini e donne, soprattutto giovani, è stata abbandonata nello sconforto e, in molti casi, nella disperazione.
La crisi sociale ha superato i livelli di guardia, mettendo a serio rischio la convivenza civile nella nostra comunità.
Sono venuti a mancare i punti di riferimento che in altri momenti difficili hanno saputo rappresentare non solo una difesa dei diritti dei singoli, ma di tutta la collettività unendo le forze, indicando soluzioni per l’immediato, ma guardando al futuro.
Non vedere ciò che sta accadendo oggi in Italia è un atto di totale irresponsabilità di tutta la classe dirigente politica e non.
Occorre con urgenza una presa di coscienza, abbandonando le alchimie della politica, i giochetti di potere, le formule astratte che non hanno più alcun contatto con la realtà.
Grandi responsabilità ricadono su tutte le forze democratiche ma, soprattutto, sulle spalle della sinistra, di coloro che credono fermamente nei valori dell’uguaglianza, della solidarietà, della giustizia; operando perché questi valori siano non solo tutelati ma concretizzati come sta scritto nella nostra Costituzione.
Di fronte al degrado che ogni giorno viene messo in luce, assume un valore prioritario la questione morale (che non vuol dire moralismo), che non riguarda soltanto i vertici della società ma ogni singolo cittadino.
Senza retorica va ascoltata la voce dei giovani che aspirano vivere in una società diversa e ci dicono con schiettezza che «questo mondo così com’è non ci piace».
Ecco perché l’impegno fattivo di ognuno di noi diventa determinante per scuotere le coscienze, per combattere la demagogia degli arruffa popoli, contrastando la corruzione, dando un senso alla nostra esistenza, una ragione al «perché vivo».
Nel modestissimo ruolo che questo giornale intende perseguire confermiamo l’impegno di tutta la redazione di Nuovasocietà, sul piano del rigore, della coerenza, della dignità che non devono mai venire meno nel lavoro quotidiano di ogni onesto operatore dell’informazione.
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