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Non muriamoli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Sergio Segio, il terrorista della fu Prima linea, continua a far parlare di sé. Tra gli anni Settanta e l’inizio del decennio successivo, Segio divenne un personaggio di spicco della lotta armata in Italia. La sua prima azione fu il ferimento di un dirigente di un’azienda del Bergamasco, l’ultima finì con la morte fortuita, che si potrebbe definire un effetto collaterale, del pensionato Angelo Furlan, durante il tentativo riuscito di far evadere dal carcere di Rovigo quattro terroriste, tra cui Susanna Ronconi, all’epoca sua compagna.

Nel mezzo, Segio, classe 1955, figlio di un comunista istriano incarcerato da Tito, uccise nel delirio di una guerra di classe inesistente anche due magistrati di grande levatura morale: Emilio Alessandrini e Guido Galli. Ora Segio, che fa parte della associazione Nessuno tocchi Caino, dopo avervi soggiornato per dieci anni, visita le carceri. Ieri, 26 ottobre, insieme con il garante dei detenuti, il radicale Mellano, ha verificato le condizioni detentive della casa circondariale di Torino Le Vallette, che porta il nome di due guardie carcerarie Lorenzo Cutugno e Giuseppe Lorusso. Il primo ucciso dalle Brigate rosse, l’altro proprio da Prima linea.

Oggi è stato nel carcere di Asti. Da entrambi i sopralluoghi ne è uscito tra due ali di protesta degli agenti di custodia e dei sindacati che li rappresentano. La tesi è nota ed è universalmente applicata agli ex terroristi che si sono resi autori di un omicidio: si può essere ex di qualcosa, mai di un assassinio.
La questione è controversa. Già tanti anni fa, in occasione di un prolungato sciopero della fame di Segio, che gli fece rischiare la morte pur di ottenere i benefici di legge e aprirsi ad una nuova vita, ci si pose il dilemma se la condanna doveva equivalere anche ad una sepoltura metafisica dell’individuo. Condivisi, come sottoscrivo oggi, l’assurdità di una prigionia da considerarsi mai estinta verso la società, non appena l’individuo da uomo libero chiedeva il diritto di pensiero e di parola, consapevole di avere bruciato in un attimo quello di altri.
Gli ex terroristi non sono tutti uguali. E Segio è un personaggio fuori dagli schemi.

Ma non per questo possiamo murare vivo chi non si attiene a quel profilo di personalità che consciamente o inconsciamente vorremmo per tutti loro, nel rispetto del dolore che hanno provocato: silenti, pentiti, contriti. Da vivi si ha diritto insieme alle emozioni anche alle ambizioni. E Segio continua a coltivare la sua personale ambizione di paladino di un mondo libero da ingiustizie, esente da oppressioni, che confida nell’eguaglianza delle razze e dei popoli. Un traguardo cui è arrivato grazie anche alla rettitudine di coloro ai quali ha sottratto la vita. Ma ricordarglielo ogni volta che si batte con determinazione per migliorare l’esistenza chi soffre o spiegare perché si è macchiato le mani di sangue è come riportare indietro le lancette dell’orologio. Il che negherebbe a tutti noi l’orgoglio di esserci impegnati a difesa della democrazia, senza coltivare vendette, per rendere migliore proprio lui e altri come lui.

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