Michele Paolino è da sempre un amante di quella politica che parte dal basso. Dalle sezioni, dalle bocciofile, da quel quartiere storico come Borgo San Paolo a cui è rimasto sempre legato e dove è nato nel 1966 da una famiglia di origine lucana. Da sempre appassionato di politica, ha ottenuto incarichi di rilievo, come i nove anni in Consiglio comunale e i dieci come Presidente di Circoscrizione in anni non facili a sinistra, caratterizzati da grandi stravolgimenti. Gli incarichi che non gli hanno mai fatto perdere quella dimensione popolare e sociale (non social) ,che per lui resta fondamentale per dare gambe a ogni progetto politico, senza mai perdere il sorriso e un tocco di ironia, definendosi “un figlio del Concilio (Vaticano II)”.
La grande novità è come, superati i 50 anni, sia riuscito ad inanellare una sorprendente serie di successi editoriali come autore di tre romanzi, le cui vicende si sviluppano spesso proprio tra i vicoli di Borgo San Paolo, trattando diversi temi sensibili, tra presente e passato, che vanno dalla passione politica al preoccupante fenomeno dell’odio informatico.
Al politico scrittore abbiamo posto una serie di domande in cui conferma il suo impegno, con diverse idee, per dare un contributo ad una Torino che auspica come capitale in sostenibilità e bellezza.
Cosa l’ha spinto a scrivere questi libri e come mai il genere noir?
L’intuizione e la proposta di un editore, Walter Martiny di Edizioni del Capricorno, il fatto che avevo delle cose da dire, perché mi piaceva l’idea di raccontare il mondo in cui sono vissuto, la mia città, soprattutto il mio borgo. E la passione per la letteratura noir, un metodo per descrivere la parte più oscura e complessa del tempo e della società in cui viviamo con leggerezza, con la scusa di svelare un mistero, un enigma.
E’ evidente come attraverso le sue trame sia riuscito a far respirare il pulsare della quotidianità di un quartiere, nei suoi bar, nelle piazze, con personaggi che navigano tra il passato e un presente iper informatico. Pagine in cui emerge la passione verace, autentica per una politica vissuta dal basso...
Ho sempre inteso la politica come una forma di servizio per la comunità in cui si vive, dove si hanno relazioni, dove si condivide la quotidianità. Ho avuto l’onore di presiedere la Circoscrizione in cui sono nato e dove ancora vivo, di fare il consigliere comunale nella città a cui sono profondamente legato. In questa nuova esperienza di scrittore c’è tutto il mio essere stato un politico ed un amministratore locale.
Si aspettava questo successo in libreria? Inutile ricordare l’ormai perdurante crisi del libro in un Paese in cui si legge troppo poco.
Mi lascio sorprendere dalle cose che succedono e cerco a mia volta di stupire quando posso. Più che di crisi del libro parlerei di pigrizia del lettore. Leggere è una sfida, ci impegna, ci obbliga ad immaginare, a vivere emozioni, a pensare. E ci stiamo progressivamente disabituando a farlo. Ma dei segnali positivi ci sono: la pandemia ci ha detto che avevamo del tempo da riempire, da recuperare e in tanti l’hanno fatto tornando a leggere.
Non è che con questa storia dei deliri di sette segrete legate all’ultradestra intenda riprendere temi alla Dan Brown, o vi è un qualche riferimento critico verso certe preoccupanti espressioni tradizionaliste della galassia trumpiana e putiniana?
La seconda che hai detto. I movimenti cattolici estremisti, i nemici di papa Francesco per semplificare, questa sorta di ecumenismo tra ultra(s) conservatori, negazionisti, tradizionalisti, non solo mi spaventano, perché sposandosi con nazionalismo, populismo e demagogia possono generare mostruosità, ma, da credente, li considero un tradimento evidente rispetto all’essenza.
In genere chi fa narrativa tende ad essere una sorta di lupo solitario. E’ stato facile scrivere un romanzo a quattro mani con Sergio Chiamparino?
Facilissimo. Perché la nostra è stata una vera complicità. E ci siamo divertiti moltissimo. Lui mi ha dato l’idea iniziale, mi ha permesso di uscire dalla zona confortevole di borgo San Paolo e dei miei amici, mi ha “portato” nelle Langhe e “riportato” nella politica, di cui, nei primi due libri, non avevo trattato direttamente. Poi ci siamo divisi i compiti: io scrivevo e lui leggeva. Lo faceva quasi in tempo reale, con osservazioni sempre azzeccate.
Ha in programma qualche nuova sorpresa editoriale?
Al momento sto studiando. Sto prendendo “lezioni private” di scrittura creativa. Se la mia strada è quella di scrivere romanzi noir, devo correggere le tare dell’autodidatta, devo migliorare la tecnica, affinare la capacità di costruire la trama. Mi sembra un atto di rispetto verso chi legge e un dovere per superare questi tempi in cui, in molti campi, ci si improvvisa competenti. Se devo continuare a scrivere, è giusto farlo con professionalità. Nel frattempo, prendo appunti per una nuova storia.
Sto immaginando delle cose, dei contesti, dei personaggi. Mi sto concentrando sullo scontro tra conoscenza ed ignoranza. Vedremo cosa salta fuori.
Una domanda al Paolino politico. La forza dei dem risiede anche nel non perdere quelle radici popolari e di umanità che nella sua esperienza quotidiana sono direi genetiche. Ma come le stanno le cose in tal senso rispetto ad una politica sempre più mediatica e leaderistica?
Lo vediamo in questi primi giorni di campagna elettorale. Da una parte ci si incarta sulle coalizioni, sugli alleati, sulle simpatie o sulle antipatie verso quell’esponente politico, quell’altro presunto leader. Dall’altra si tirano fuori dal cassetto rosari e madonne, slogan di seconda e terza mano, si urla, si fanno battute ad effetto per far sorridere i propri sostenitori. Io credo che la forza dei dem, come dice lei, debba risiedere in una proposta seria per diminuire le disuguaglianze e per stendere i diritti. E che si debba parlare di economia, non di altro. Ci vogliono idee perché l’economia riparta senza lasciare indietro nessuno. E in modo sostenibile. Tutto il resto è carnevale.

Due parole su questa crisi e sul rapporto con i Cinquestelle?
Tutta una manfrina dettata da calcoli e aspirazioni personali. Ha notato che, a parte il Pd, non ci sono più le sedi dei partiti, che nelle ore della crisi i vari leader erano riuniti in una sontuosa villa o in albergo? A furia di sparargli contro, i partiti sono scomparsi e sostituiti da comitati elettorali, che, per l’appunto, hanno bisogno che ci siano le elezioni per giustificare la loro esistenza. Sul rapporto con i Cinquestelle, mi interessa capire che cosa pensano, e come si orienteranno, chi li ha votati, rispetto alla sorte dei loro eletti.
Qual è il suo sogno per questa Torino sempre più aperta ai giovani e al turismo?
Che torni a produrre. Senza la produzione, senza la manifattura, non c’è lavoro per tutti, non c’è sbocco per l’innovazione, per la ricerca. Per i giovani. E, visto che è stata Capitale di tante cose, che lo diventi anche per la sostenibilità e per la bellezza. Che è l’insieme del suo patrimonio artistico e culturale con quello umano, sociale, storico.
Ormai è uno stereotipo ricordarsi delle periferie da rilanciare prima delle elezioni. Come stanno per lei le cose in una città che vive forti contraddizioni proprio in quelle periferie (che poi periferie non sono) in cui da tempo predomina l’astensione e il voto di protesta?
Abbiamo pensato per troppo tempo alle periferie come degli spazi fisici da riqualificare, da rigenerare, da risistemare. E ci siamo dimenticati delle persone, di chi ci abita. Delle loro paure, delle loro aspettative, della loro fatica, dei loro sentimenti. Se ci si vuole occupare delle periferie penso si debba ripartire da qui.
Lei è anche un grande appassionato di quel filone cantautori che ebbe grande successo qualche decennio fa. Musica di qualità, carica di contenuti. Quali sono e perché i suoi cantautori preferiti e segue anche qualche artista emergente?
La musica d’autore italiana è stata la colonna sonora della mia vita, il mio “romanzo” di formazione, una fonte inesauribile di suoni, di parole, di pensieri. In cima ci sono i soliti, De Gregori, Dalla, De Andrè, Battiato, ma da un po’ tutti ho preso qualcosa, ho rubato “rubini puri dalle tue tasche”. Non andare su google per scoprire di chi è questa citazione. Degli emergenti, anche se ormai non lo sono più, mi piacciono Brunori Sas, La Rappresentante di lista, le donne con in testa Francesca Michielin. Non disdegno i rapper quando fanno ricerca sulle parole e di quelli non della mia generazione mi piacciono sempre Cesare Cremonini e Caparezza.
Un’ultima curiosità. Quanto incidono le vendite e book nel suo caso?
Qualcosina incidono. Sai che per qualche ora siamo stati al cinquantesimo posto della classifica del genere “Hard boiled” su Amazon? Ma la soddisfazione più grande restano le librerie, sapere che il libraio ha apprezzato il tuo romanzo e ne parlerà con i suoi clienti, sapere che fai parte di un circuito fiduciario, incontrare i potenziali lettori alle presentazioni, cercare la loro curiosità, la loro complicità. La libreria come uno spazio di libertà, di democrazia, di incontro, i libri come un bene di prima necessità. E la prima necessità la trovi nella bottega sotto casa.
In conclusione riportiamo i volumi pubblicati dall’autore:
“La Ballata di Borgo San Paolo”. Edizioni del Capricorno, 2019.
“Hanno ucciso Babbo Natale in Borgo San Paolo”. Ed del Capricorno, 2021.
“Il giorno prima del voto” (co-autore Sergio Chiamparino), Ed del Capricorno 2022.