Riceviamo e pubblichiamo
di Luca Cassiani
“Le ferie sono terminate compagni, è ora di riprendere la lotta”, così si stanno organizzando gli antagonisti torinesi, facendo allenamento con false decapitazioni di manichini di Renzi e Poletti e studiando i piani di guerriglia. Hanno chiamato a raccolta a Torino la galassia dell’insurrezionalismo italiano ed europeo e attendono il loro Grande Momento. L’occasione è ghiotta, dal 24 al 30 settembre terrà a Venaria Reale, a due passi da Torino, il G7 dello Sviluppo, con i Ministri del Lavoro, della Scienza e dell’Industria dei 7 paesi più sviluppati del pianeta. Immancabili le proteste, ormai un rito che accompagna ogni vertice od evento internazionale. Troppo importante la copertura mediatica per non farsi sentire: quale occasione migliore per far parlare dell’antagonismo subalpino? Non a siamo da meno degli insurrezionalisti lombardi, neh? A Milano, infatti, 2 anni fa, nel giorno dell’inaugurazione dell’ EXPO 2105, ci fu la guerra: la polizia grazie ad una intensa attività preventiva e di monitoraggio, gestì gli scontri senza cedere alle provocazioni, ma il bollettino della battaglia fu ugualmente drammatico : 10 fermati, 11 feriti, devastazioni, vetrine in frantumi, auto date alle fiamme, molotov che volavano, atti di teppismo contro negozi, banche, cassonetti e fioriere. Tutto distrutto e danni incalcolabili, Non ci scappò il morto solo per buona sorte; i Pm milanesi indagarono i responsabili per devastazione. I milanesi si ribellano alla violenza, scesero in tanti a ripulire le strade ed il sindaco Pisapia espresse ferma condanna:” La città reagisce e risorge, i responsabili vanno puniti con severità”.
“Ora tocca a noi. Dobbiamo fare meglio, non siamo da meno” sembrano ripetere in questi giorni in corso Regina Margherita 47, al centro sociale anticapitalista Askatasuna, culla dell’irredentismo sotto la Mole e noto più alle cronache giudiziarie che a quelle politiche. Quando i ricchi si incontrano bisogna protestare. C’è chi lo fa democraticamente, ai Murazzi, con la Festa popolare Proxima, con dibattiti, concerti e confronti pubblici, insomma con la politica, c’è chi invece si prepara a mettere a ferro e fuoco la città.
Sarà l’ennesima occasione per seminare panico e terrore nelle strade cittadine, vedremo di nuovo i black bloc all’opera, subiremo attacchi alle auto in sosta e alle vetrine dei negozi, oppure anche le proteste si svolgeranno pacificamente rispettando il patrimonio pubblico e privato? Spero di essere smentito, ma i segnali di questi gironi, le minacce ed i proclami, mi preoccupano molto. Chi invece non vedo preoccupati, sono quelli di Palazzo Civico, Sindaco e Giunta in testa: sono forse impegnati a concedere ad occupanti e antagonisti, un nuovo centro sociale di inestimabile bellezza quale è la Cavallerizza Reale?
I no G7 nel frattempo già sono pronti: esordio mediatico di grande effetto con ghigliottina contro gli affamatori del popolo. Ora cosa ci aspetta? Penso alla solita ora di ribellione, ormai un appuntamento che è diventato un classico, come il derby. Poi tutti a casa anzi, nel centro sociale occupato, oppure alla Cavallerizza, nuova sede insurrezionalista, con il solito concerto antagonista e due birrette vendute abusivamente per autofinanziarsi. Ribellioni ad orologeria e menù a la carte; un po’ di black bloc subalpini, una ventina di cassonetti dati alle fiamme (tanto paghiamo noi), qualche tafferuglio con la polizia . una dozzina di macchine distrutte, vetrine di negozi rotte e qualche spaccata in centro nelle banche del capitale. Non voglio conteggiare i costi sociali, quantificare le centinaia di ore di lavoro straordinario utilizzate dalle Forze dell’Ordine per tenere a bada i facinorosi. Tralascio gli ingenti costi sociali per cancellare le solite e vergognose scritte sui muri del centro, offesa al patrimonio storico e artistico dei torinesi. Ma non mi rassegno all’antagonismo “rivoluzionario” dei vari No Tav, No Expo, No DalMolin che anche stavolta avranno i loro 15 minuti di notorietà internazionale per poi tornare nell’oblio politico, culturale e rivoluzionario che sempre li ha contraddistinti.
Dobbiamo anche qui, così come a Milano, gridare più forte che la violenza non passerà e che non ci abitueremo mai a scorribande e devastazioni.
Cento anni fa a Torino, nell’agosto del 1917, gli operai e i diseredati si ribellarono mettendo a ferro e fuoco la città per giorni: avevano fame, non avevano il pane e non potevano lavorare digiuni.
Tra poche settimane, si celebrerà il centenario della Rivoluzione d’Ottobre, che sconvolse e cambiò il mondo, non solo la Russia zarista.
Rifletto su questi fatti storici con amarezza ripensando ai rivoluzionari di allora ed ai “sovversivi” di oggi, solo brutte copie di quelli veri. Ed immagino come li guarderebbe il compagno Lenin che, non comprendendone idee ed azioni, li farebbe arrestare dalla Čeka, la polizia bolscevica.