Il Governo in più occasioni ha assicurato che non è una guerra, ma la riforma della responsabilità civile dei magistrati, così com’è stata scritta e approvata la scorsa settimana dalla Camera, ha tutto il sapore di una rivalsa nei confronti di una categoria che negli ultimi vent’anni ha subito pesanti attacchi bipartisan. Per chiarirci le idee sui contenuti e sulla ratio del testo, ne abbiamo parlato con Giovanni Liberati, presidente della sezione torinese dell’ Associazione Nazionale Magistrati e giudice civile al Tribunale di Torino.
Dopo l’approvazione definitiva del testo, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha dichiarato: «La giustizia sarà meno ingiusta e i cittadini saranno più tutelati».
Come magistrato e cittadino sono amareggiato da un’affermazione del genere. Sembra che il problema della giustizia italiana siano i magistrati. La verità è che siamo in pochi, paghiamo il prezzo di pesanti vuoti negli organici e la richiesta di giustizia è sproporzionata rispetto al numero degli addetti.
La riforma è stata gabellata come una risposta alle richieste dell’Europa, che poco tempo fa ha multato l’Italia per 53 milioni di euro.
Il problema è che con il pretesto di soddisfare le richieste della comunità europea, è stata approvata una norma che va molto oltre. La procedura d’infrazione riguardava il mancato recepimento nella legge comunitaria dell’allargamento della responsabilità dei giudici anche ai casi di violazione del diritto europeo. Per evitare la multa bastava aggiungere un comma alla legge già esistente, ma sono state introdotte modifiche di cui francamente non c’era bisogno.
La legge esclude la denuncia diretta, ma cancella il filtro di ammissibilità delle querele, che invece era previsto nella Vassalli. Quali sono le conseguenze di una scelta del genere?
Inizialmente, l’emendamento Pini aveva introdotto con un colpo di mano la responsabilità diretta. È stato poi un successivo emendamento del Governo a correggere le distorsioni più gravi, anche se molte altre sono rimaste. La conseguenza più grave del provvedimento è il condizionamento psicologico cui d’ora in poi saranno sottoposti i giudici e la mancanza di serenità nell’esercizio delle loro funzioni: il rischio è di cedere al conformismo, di appiattirsi su posizioni conservatrici. In questo senso si va a colpire indirettamente l’attività di interpretazione, che dagli anni settanta ha consentito un adeguamento della legislazione e vivificato norme risalenti a un ordinamento autoritario. Tutto questo è stato possibile grazie a decisioni coraggiose, fuori dal coro.
Molti paventano il rischio di ricorsi strumentali e ricusazioni, che rallenterebbero centinaia di processi e andrebbero a pesare ulteriormente sull’arretrato civile, paralizzando gli uffici giudiziari.
Il rischio è duplice: da un lato l’intasamento dei tribunali civili, dall’altro la possibilità che il giudice debba astenersi. D’ora in poi, se un giudice riceve una denuncia da un imputato e decide di difendersi in prima persona nel processo civile, è automaticamente obbligato ad astenersi nel processo principale perché si crea un conflitto d’interessi. Altrimenti l’unica alternativa è affidare la difesa all’ Avvocatura dello Stato, che però vive anch’essa un momento di crisi per l’eccessivo carico di lavoro. Come Associazione Nazionale Magistrati stiamo valutando anche questo profilo.
Da un lato un decreto del Governo incoraggia le soluzioni stragiudiziali per ridurre il contenzioso civile, ma dall’altro il Parlamento cancella il filtro di ammissibilità per le azioni di rivalsa contro i giudici. La contraddizione è evidente.
Penso che l’idea di intercettare la domanda di giustizia e deviarla non sia l’unica soluzione. Il timore è che in questo modo venga ostacolato il diritto di difesa e vengano favoriti i soggetti economicamente più forti. Già nel titolo, la norma in questione (“Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, ndr)ha il sapore di una resa dello Stato, di un’esternalizzazione dell’attività giurisdizionale costituzionalmente garantita.
Come intendete agire, in qualità di Associazione Nazionale Magistrati?
Per il momento stiamo organizzando in tutti i distretti assemblee aperte alla cittadinanza. Purtroppo non abbiamo né giornali né televisioni e, non essendo bravi nella comunicazione, spesso è difficile replicare anche ad argomenti infondati, privi di contenuto. Inoltre stiamo valutando anche i profili di illegittimità della norma. Questa riforma è mortificante, umiliante, ma reagiremo per non farci intimidire.