di Andrea Doi
I debiti di Infrato non sono “fuori bilancio”. A dirlo non è Nuovasocietà, ma la Corte dei Conti che, mentre si avvia a chiudere l’istruttoria sugli ultimi bilanci del mandato di Piero Fassino, mette una pietra tombale su una polemica che ha caratterizzato i primi dieci mesi di governo a Cinque stelle di Torino.
La scorsa settimana Palazzo Civico ha ricevuto il documento che conclude l’istruttoria della Corte dei Conti i cui contenuti sono stati diffusi quest’oggi da un quotidiano torinese. La Corte, dopo aver analizzato la documentazione inviata dalla Città, conferma che i mutui sono di Infrato e Gtt e non sono imputabili al socio (la Città). È la stessa conclusione a cui era arrivato l’audit dei dirigenti del Comune (LEGGI ARTICOLO), prima brandito come una clava dall’amministrazione e poi abbandonato quando le sue conclusioni non contribuivano ad alimentare gli alibi di quello che abbiamo battezzato come “paradigma vittimario”.
Infrato e Gtt: verso la rinegoziazione dei mutui
Che succede ora? Fassino nel 2014 e nel 2015 e poi Appendino nel 2016 hanno coperto parzialmente i contributi da versare ad Infrato: quel debito, dunque, rimane e dovrà avviarsi un piano di rientro a condizioni diverse da quelle attuali. Il Comune, infatti, contribuiva a versare 21 milioni di euro all’anno alla sua partecipata quale contributo alla costruzione della metropolitana, ma poiché il peso di questa rata è diventato insostenibile è ora necessario rimodularlo nel tempo. Un’ipotesi di rinegoziazione, a quanto scritto nell’audit, era già stata avviata dalla precedente amministrazione, ma questa non è stata conclusa dalla Giunta a 5 stelle che ha preferito lasciare spazio a dieci mesi di polemiche invece di affrontare e risolvere la situazione.
Riaccertamento straordinario
Nella sua istruttoria la Corte si sofferma anche sulla questione legata al disavanzo da riaccertamento straordinario. Nuovasocietà aveva approfondito questo tema già nel mese di febbraio spiegando che il risultato del riaccertamento ha richiesto l’istituzione di un fondo svalutazione crediti prudenziale che ha portato il saldo ad un disavanzo di 336 milioni.
In conformità con la normativa Torino ha accantonato questo fondo in 30 esercizi rendendolo sopportabile al pur esile sistema finanziario degli Enti Locali italiani. Ciò vuol dire che per i prossimi 30 anni qualora non vengano riscossi per intero i crediti dell’ente, occorrerà iscrivere a bilancio 11,2 milioni di euro (vedi immagine), quale costo di armonizzazione. (LEGGI ARTICOLO).
Applicazione dell’avanzo
Anche sul tema dell’avanzo di amministrazione e della sua applicazione si registra un passo avanti nella direzione della chiarezza. La Giunta Fassino non ha applicato questo avanzo a spesa corrente, ma ne ha destinato 8,4 milioni a vincoli originari, 25 milioni a FCDDE e 11,2 milioni a copertura di legge del disavanzo. Su questa strategia contabile la Corte dice che “non si tratta, ancora una volta, di un’operazione palesemente contraria ad un atto normativo formalmente irregolare al punto di vista contabile”. Insomma, la magistratura contabile esprime una valutazione di prudenza e di generale rispetto dei principi costituzionali, ma non segnala alcuna violazione.
Risultato di cassa
Come abbia scritto più volte il vero punto debole del bilancio della Città di Torino è il risultato di cassa, gravato da un cronico ricorso all’anticipazione di tesoreria. Nel suo documento la Corte prende atto dell’intenzione di incrementare la riscossione espresso da Appendino, ma segnala che a fine 2016 c’è stato un brusco peggioramento in materia. (LEGGI ARTICOLO)
La fotografia che la Corte dei Conti fa del bilancio della Città di Torino è diversa, come abbiamo accennato all’inizio, da quella che per quasi un anno il Movimento 5 Stelle ha voluto presentare ai cittadini: i parametri di deficitarietà strutturale sono 2 su 10, il debito scende e la gestione corrente è in miglioramento. Inoltre è riconosciuta la legittimità delle scelte fatte dall’amministrazione precedente, seppur in un quadro gravato da un altissimo indebitamento e da conclamati problemi di cassa, nettamente peggiorati da quanto Appendino è in carica.
Torino, dunque, è ancora in piedi, ma la strada del risanamento deve proseguire. La sensazione è che il bilancio preventivo presentato da Appendino e Rolando non sia all’altezza di questo compito. Leggeremo con attenzione la prossima pronuncia della Corte dei Conti.