di Andrea Doi
Quatta quatta, zitta zitta Appendino ha incassato 21 milioni da un’operazione di valorizzazione azionaria made in Fassino. Ma come al solito le buone notizie, che hanno legami con il passato, dall’amministrazione pentastellata non arrivano mai. Forse anche perché altrimenti la commedia messa in scena sull’eredità “pesante” ricevuta dalla Giunta precedente rischierebbe di non avere successo. Giorno dopo giorno, invece, emerge che se di eredità si tratta, è tutta positiva. Da tesoretto.
Già, perché dopo i famosi 61 milioni (che poi 61 non sono mai stati) dell’IMU arretrata dovuta dallo Stato grazie al ricorso promosso da Fassino nel 2013, ora è la volta di IREN. Come molti sanno, il Comune di Torino, tramite la sua partecipata FCT holding, detiene buona parte del capitale sociale della IREN s.p.a, società quotata in borsa del settore multiutilities. Una parte, il 16,65%, è posseduto tramite FSU spa (Genova detiene l’altro 16,65%) e un’altra parte, il 6,31%, in azioni di risparmio. Manca all’appello un cospicuo 1,18% , avviato alla cessione il 24 marzo 2016 dalla Giunta Fassino e all’epoca generosamente non valorizzato in attesa di un auspicato rialzo di borsa. Ebbene, la Appendino “posapiano fa buon colpo” ha completato l’alienazione e si è portata a casa ben 21,7 milioni di euro, il primo di marzo scorso.
Di questa somma, “filtrata “attraverso il bilancio di FCT, ne arriveranno al Comune a settembre ben 14 milioni di euro, puntualmente (questi sì) iscritti a bilancio e già imputati a investimenti vari di cui la sindaca si prenderà il merito. Nessuno se ne sarebbe accorto, visto che nel bilancio del Comune le somme entrano quali “riduzioni di attività finanziarie”.
Ma entriamo nel merito: questa dismissione è stata possibile grazie ai nuovi vincoli sulle maggioranze pubbliche promossi da Fassino (LEGGI DOCUMENTO, pag.10 e pag.11), consentendo di liberare – nell’intento dell’amministrazione precedente – per il risanamento del Comune tutte le azioni di risparmio possedute; 80.498.014 azioni di risparmio ad estinzione di debito e 14.001.986 di altre azioni di risparmio a rafforzamento del fondo cassa (l’ 1,18%) .
Invece, la triste fine del valore delle azioni IREN cedute sarà, così come nel 2016 per l’operazione Westinghouse, quello di sostituire spesa corrente nelle fondazioni culturali, senza impedire né correggere, peraltro, il taglio di 4,5 milioni alla cultura già previsto a bilancio. Una manovra disperata, insomma. In altre parole la Appendino si “fuma” le azioni per finanziare spese ordinarie e ricorrenti. Un’altra entrata una tantum sprecata. Concedeteci la malignità: non sarà l’ennesima follia suggeritale dal suo entourage?
Un’ultima precisazione in tema di “eredità” delle giunte precedenti: ad aprile 2011, (Fassino era sindaco da nove mesi), le 306.999.616 azioni di proprietà del Comune in IREN valevano al corso di borsa di allora all’incirca 50 centesimi di euro l’una, ovvero in totale 153,5 milioni di euro circa. Ad aprile 2017 (con Appendino sindaca da 9 mesi) il titolo vale circa 1,90 euro ad azione e l’intero pacchetto, quindi, in totale 583,3 milioni di euro. Ovvero più di tre volte tanto. Le azioni di cui sopra, Appendino assessore alla partecipate le ha vendute ai primi di marzo a 1,55 euro l’una; già oggi valgono 1,90. L’improvvisazione e l’intempestività è costata alla città 5 milioni di euro di mancati introiti. Avrebbe potuto ristorare qualche taglio lineare di troppo. O ridare a Ream la famigerata caparra sparita. Invece nisba.
Domanda: avrà ancora il coraggio di lamentarsi, madama Selfie?