A Franco Branciaroli è stata affidata l’inaugurazione della stagione 2013-14 del Teatro Stabile di Torino con la pièce dal titolo “Il teatrante” di Thomas Bernhard, in programma la teatro Carignano fino a domenica 10 novembre.
«Tutto è ridicolo, se si pensa alla morte» fu il raggelante commento che Thomas Bernhard proferì nel 1968, quando gli tributarono il Premio Nazionale Austriaco per la Letteratura. Uno scandalo. È solo un episodio tratto dalla biografia del grande scrittore, poeta e drammaturgo austriaco, sufficiente a farci intuire come fosse problematica la sua personalità. Non fu l’unico momento della vita e della scrittura di Bernhard, capace di motivare la perplessità che i suoi connazionali gli dimostrarono (lo accusavano di rovinare con i suoi romanzi l’immagine dell’Austria), come pure la fama di pessimista che si guadagnò nel mondo letterario. Ciononostante, una simile filosofia è espressa in Bernhard attraverso uno stile talmente arguto, vitale e grottesco, da essere capace di renderlo uno degli autori più amati della letteratura contemporanea europea.
Le stesse qualità di pensiero e di stile ha il suo Teatro, su cui si focalizza l’attenzione di Franco Branciaroli: il suo confronto con una drammaturgia tanto intrigante regalerà risultati di sicuro interesse. Attore amato dal pubblico dello Stabile (cui ha dedicato – diretto da Calenda – begli spettacoli di produzione, come “Vita di Galileo” e “Edipo re”), Branciaroli ha intrapreso di recente una riflessione sul teatro e sul suo rapporto con la società attraverso la memoria, espresso lo scorso anno in “Servo di scena” e ora ne “Il teatrante” di Bernhard. Accanto a Branciaroli, che ha anche curato la regia, recitano Barbara Abbondanza, Tommaso Cardarelli, Melania Giglio, Daniele Griggio, Valentina Mandruzzato, Valentina Violo. Le scene e i costumi sono opera di Margherita Palli, mentre le luci sono state ideate da Gigi Saccomandi.
Scritto da Thomas Bernhard nel 1964, il testo fu rappresentato per la prima volta circa vent’anni dopo, nel 1985, al Festival di Salisburgo, con la regia di Claus Peymann. Poco rappresentato in Italia, “Il teatrante”, è un’opera che potrebbe riassumere, in un condensato graffiante, pessimistico eppure estremamente comico e vitale, il pensiero dell’autore austriaco nei confronti dell’arte e del Teatro: in breve, nessuna speranza di riscatto, la fine di ogni sacralità, di ogni possibilità di redenzione. Il Teatro vive nella e della propria menzogna, di quella di chi recita e di chi vi assiste; è ormai inadeguato a raccontare l’uomo, a rappresentare il presente e in questa somma inadeguatezza sta la sua irrimediabile miseria. Si tratta di una denuncia caustica e graffiante che si serve del protagonista della pièce per diventare al tempo stesso parola vibrante e travolgente. Al centro della pièce, infatti, Bernhard pone un anziano attore frustrato, Bruscon, di origine italiana, presuntuoso, misogino e logorroico. Giunto con la propria famiglia, che è al contempo anche la scalcagnata compagnia con cui recita, in uno sperduto paesino delle Alpi austriache invaso dal puzzo delle porcilaie, Bruscon si rifugia nella locanda-osteria in attesa di mettere in scena il proprio spettacolo.
Si tratta di un testo inedito di cui egli è autore, un’opera che a suo dire lo renderà famoso, ma che si intuisce sconnessa e delirante: in essa compaiono personaggi di diverse epoche storiche, da Giulio Cesare a Napoleone, Voltaire, Metternich, Hitler, Churchill. Mentre attende, davanti a un poco collaborativo oste, tra trofei di caccia e immagini di Hitler, Bruscon sproloquia sulla vita e sulla morte, rimprovera moglie e figli per il loro poco talento, lancia invettive, si esibisce in un soliloquio travolgente e caustico, che nel celebrare il fallimento del Teatro cattura, diverte, consentendone dunque, al tempo stesso, anche il riscatto.
Mara Martellotta
© RIPRODUZIONE RISERVATA