La Giunta Appendino ha cercato di convincere, a varie riprese, che le difficili quadrature di bilancio siano un problema solo suo e per di più “ereditato” dal centrosinistra. Come se le altre città non avessero subito gli ingenti tagli del rigore di Monti, la spending review e i pesanti effetti di Patto di stabilità e Armonizzazione contabile. Mesi passati a parlare di buchi inesistenti, commedia delle parti per GTT e il trasporto pubblico locale, vittime, in verità, più dei tentennamenti della stessa Appendino e dei tagli governativi che della gestione dell’azienda stessa.
Ora, al suo secondo Bilancio, quello del 2018, la narrazione precedente cede il posto ad alcune constatazioni molto preoccupanti. E irrompe una domanda di prospettiva: cosa lascerà dietro di sé la Giunta Cinque Stelle, campione per ora, solo nello scaricare qualunque problema cittadino sugli altri ?
IREN bancomat della Giunta Appendino
Una prima risposta è arrivata mercoledì dal Consiglio Comunale. Ultimo consiglio prima della sessione di Bilancio, che inizierà lunedì prossimo, si parlava di una delibera molto importante: la scissione di FSU spa, ovvero una cassaforte nella quale i Comuni di Torino e Genova insieme (ora) e separatamente (poi) detengono il pacchetto azionario della IREN s.p.a., società quotata in borsa nel settore delle utilities, energia e ambiente.
La scissione è finalizzata alla privatizzazione di importanti quote dell’IREN, allo scopo di fare cassa; così si dice in delibera.
Sin a da subito, a dispetto delle dichiarazioni circa economie, spending review e altri virtuosismi mai attuati, la Appendino aveva percorso la strada facile di ottenere soldi dalle dismissioni. Operazione, quest’ultima, impostata dalla giunta precedente, che ha consentito di iscrivere alcune entrate a bilancio già nel 2016. Ma, realizzato come fosse facile e in fondo non così evidente pareggiare i bilanci vendendo partecipazioni azionarie, la giunta ha predisposto un gioco di bilanci “a cascata” utilizzando le partecipate come una sorta di bancomat: infatti, se la Fsu (che tiene in pancia le azioni di Iren) chiude il bilancio al 31 Luglio e la FCT srl (che ha in pancia le azioni FSU) chiude il bilancio al 30 settembre, il Comune riesce ad accertare come dividendi le alienazioni che realizza pochi mesi prima la FSU stessa, in cima alla catena.
E in più, e questo è il vero punto, con questo sistema a cascata quelle che sarebbero entrate in conto capitale, che andrebbero destinate a nuovi investimenti o riduzione del debito, si trasformano magicamente in pseudo dividendi in parte corrente, con cui pagare stipendi e fornitori. Non giudichiamo, qui la scelta di vendere. Ma lo scorretto destino dei proventi. Insomma, la Giunta Appendino vende i gioielli di famiglia (dei torinesi) non per risanare il Comune o ridurre il debito, ma per pareggiare i bilanci ordinari.
Non successe così col centrosinistra che portò avanti nel 2012, dopo lo sforamento del patto di stabilità, una operazione di dismissione importante (Trm spa e quote di Amiat spa) destinandone i ricavato a nuovi investimenti, fondo svalutazione crediti e riduzione del debito. Tant’è che la Corte dei Conti, nella recente pronuncia 28/2018 di febbraio, molto “dubitativa” sul piano della Appendino, ha espresso un chiaro monito a che non si generi un depauperamento patrimoniale del Comune. (cfr. pagina 40 e 41 della pronuncia).
Tresso striglia Fornari, che replica confermando la tesi del suo “accusatore”
Di tutto ciò si è accorto il Capogruppo Francesco Tresso, della Lista Civica di opposizione che ha depositato una mozione tesa a impegnare la Giunta a non usare in parte corrente le entrate straordinarie derivanti dalle cessioni delle azioni IREN.
Alla base del ragionamento, una constatazione: il bilancio 2018 della Appendino quadra per 42 milioni proprio da dividendi di FCT, ottenuti tramite alienazioni di azioni Iren. Anche nel 2017 il bilancio quadrò grazie a decine di milioni di dividendi e riduzioni di capitale di FCT ; insomma, siamo di fronte allo spolpamento patrimoniale di una filiera di società (FCT, FSU, IREN) per spesa corrente che non ha in contropartita nulla se non il “mero consumo” del patrimonio mobiliare comunale. E soprattutto l’equilibrio del bilancio, ora come non mai, regge solo grazie a entrate una tantum che prima o poi finiranno. E’ inoltre da notare che FCT è anche la socia di GTT spa e proprio in ragione di ciò il suo bilancio ha avuto il parere contrario della società di revisione.
A questo punto entra in scena il soldato Fornari. Il consigliere pentastellato e presidente della commissione bilancio è intervenuto nel Consiglio di ieri e, cercando di contrastare la mozione di Tresso, lo ha apostrofato provocatoriamente chiedendogli di trovare “lui” (Tresso) i milioni per pareggiare i bilancio senza le entrate di FCT\FSU\IREN. Il soldato Fornari, come già successo in passato, non si è però reso conto del fatto che la sua scomposta reazione non ha fatto che confermare la bontà della tesi di Tresso e la gravità delle scelte operate nel bilancio della sua Giunta.
Se lo abbia fatto per spirito di servizio da “guardaspalle” della sua Giunta, o se non abbia effettivamente capito che cosa succeda in FCT non è dato sapere, ma tant’è.
Il patrimonio attivo della città per pagare le bollette
In conclusione, cosa ci aspetta nel futuro prossimo? E’ plausibile che in modo assai spregiudicato l’amministrazione 5stelle, contro ogni suo principio “apparente “ e dichiarato, intenda procedere disossando il patrimonio senza alcun ritorno di risanamento reale, ma solo sopravvivendo day by day. Il tutto accompagnato e coperto da una forte retorica dell’ “adesso ci pensiamo noi a rimettere a posto le cose”.
Del resto, oltre al debito, gli attuali inquilini del palazzo hanno potuto trovare un patrimonio attivo ancora enorme, che se impiegato per ridurre ulteriormente il debito e creare nuovi investimenti potrebbe essere una leva di sviluppo di Torino. Invece è utilizzato, non avendo idee migliori, per quadrare i bilanci correnti. Chi verrà dopo Appendino, non solo troverà gli stessi debiti, solo ridotti dall’ordinario e naturale piano ammortamento, e magari riscadenziati e “allungati”, ma troverà anche un Comune con un attivo patrimoniale considerevolmente ridotto. Un Comune “a Bocconi”.