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domenica, 9 Marzo 2025

Paratissima, "Mai vista tanta bruttura tutta insieme". Parla la critica d'arte Cecilia Leucci

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Abbiamo raccolto il parere controcorrente della critica d’arte Cecilia Leucci su Paratissima ed il suo pensiero sulle condizioni dell’espressività e del mercato dell’arte oggi in Italia. Leucci ha parlato a ruota libera, esprimendo in maniera cruda il suo pensiero, che riportiamo integramente.
«Potrei dire che Paratissima era bellissima e qualitativamente altissima ma la mia onestà intellettuale non mi consente di dire qualcosa che non penso. Perciò con crudezza dico che Paratissima è stato uno dei momenti più bassi dell’arte contemporanea italiana oggi. Ad esclusione di alcuni artisti, pochi, randomici e del tutto fuori luogo, credo di non aver mai visto tanta bruttura tutta insieme e all’interno di un unico contenitore. E non tiro in ballo l’art brut o le esperienze degli outsider – tanto di moda (di nuovo) in questo periodo – no, mi riferisco ad oggetti che definire opere d’arte sarebbe impensabile».
«Il livello qualitativo di Paratissima – continua Leucci – era simile a quello che si trova nelle mostre di fine anno dei corsi di pittura. Oggetti malfatti, senza alcun senso, senza alcun valore (nemmeno tecnico!). Sembrava di essere in quei mercatini dell’usato dove la gente si libera di robe vecchie o in quei mercatini equosolidali dove si realizzano oggetti con materiali di recupero e risulta. Gli allestimenti erano pessimi; la roba era ammassata; le “opere” proposte prive di qualunque logica espositiva e tematica. A meno che il tema non fosse il trash (nel senso vero di monnezza). Sono rimasta sorpresa di vedere alcune, pochissime opere interessanti e mi sono chiesta che tipo di reazione possano aver avuto gli artisti validi, nel vedere le proprie opere all’interno di quello spazio del nulla. Cos’altro posso dire? Sono basita ed esterrefatta».
La critica analizza poi la situazione artistica odierna: «Di fatto credo che l’arte oggi si divida in due gruppi: arte di mercato ed Arte (con la A maiuscola). L’arte di mercato è quella che impazza in fiere e gallerie, quella che viene acquistata ed usata, spesso, come merce di scambio, come denaro (sfruttando anche l’importante opportunità di evasione fiscale, che di questi tempi…). Questo tipo di arte non ha valore culturale. Ha piuttosto un valore meramente “soggettivo”, definito da chi con l’arte sa guadagnarci: grandi galleristi, grandi curatori, importanti collezionisti. Tutta gente che punta al mero guadagno e punta sul cavallo vincente, dopo aver sedato tutti gli altri. Gente che ha il potere di decidere chi deve salire e come. L’arte di mercato non vale nulla al di fuori del sistema economico».
E l’Arte con la A maiuscola? «L’Arte con la miuscola invece, è l’arte sotterranea, quella degli studi nei garage, quella delle performance e degli arresti, quella della rivolta, dei messaggi, del senso. L’Arte è quella che sente la necessità di esprimersi non per una questione meramente formale o estetica, ma per uno scopo didattico, educativo, di espressione, di sentimento. L’Arte se ne frega del mercato, anzi, è proprio tagliata fuori dal mercato, perchè non ha interesse a farsi i capelli blu ad un vernissage o nel sorseggiare champagne ad un finissage. L’Arte è nelle strade, nelle case, nei collelttivi artistici. L’Arte si crea nella discussione, nella ricerca, nello studio e funziona anche senza gallerie, senza musei, senza marchette ai critici e senza percentuali ai mercanti. Questo penso dell’arte oggi. Penso che quella che viene definita arte in realtà è solo decorazione, perchè l’Arte è cruda e non è bella da vedere, è sporca, fa male e fa rumore».  
Moreno D’Angelo

 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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