Dopo il caso Massimo Robella, il candidato di Fratelli d’Italia eletto nella Circoscrizione 6 a Torino che sui social ha scritto un messaggio in cui ringraziava “i tanti camerati” che lo hanno votato, sotto la Mole nasce un nuovo caso. I social potrebbero essere fatali per un altro candidato del partito della Meloni eletto sempre a Torino, ma alla Circoscrizione 2. Stiamo parlando di Vincenzo Macrì, da sempre molto vicino all’assessore regionale Maurizio Marrone, un fedelissimo in parole povere, che dopo vari tentativi in diverse tornate elettorali ha raggiunto l’obiettivo.
Peccato che anche lui, come il Robella, abbia il vizio della nostalgia canaglia. Macrì, infatti, nei video pubblicati sui social durante la campagna elettorale appariva con in bella mostra una croce celtica d’oro, noto simbolo dei movimenti politici di estrema destra. Un simbolo che senza alcun dubbio equivale al dire “camerati”. Entrambi non sono vietati, ma entrambi hanno un profondo significato. La croce celtica veniva usata anche nei gruppi eversivi di matrice neofascista, al punto che l’Msi per un certo periodo ne sconsigliava l’uso ai suoi militanti.
Ma non è solo questo a tradire Macrì e quindi ad imbarazzare il candidato di ‘Torino Bellissima’, Paolo Damilano, che se da un parte si professa antifascista con tanto di nonno partigiano, dall’altra deve fare i conti con gli alleati, in particolare FDI, che al suo interno ha ancora militanti e simpatizzanti che con il passato non hanno mai troncato. E quando diciamo passato pensiamo al Ventennio, logicamente.
Ed ecco apparire i post di Macrì con foto di fasci littori, della tomba di Mussolini a Predappio e frasi del Duce. “fiore e poesia della stirpe fascista. Figli prediletti del vento e dell’onore d’Italia”, si legge. Post che il neo consigliere non si è minimamente sognato di cancellare, rivendicando quindi il tutto.