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domenica, 8 Settembre 2024

L’emergenza idrica mette in ginocchio il Piemonte

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

E’ uno scenario drammatico quello legato alla crisi idrica che attanaglia il Piemonte insieme a molte aree del Paese. Una questione che per decenni si riteneva riguardasse principalmente l’Italia meridionale e insulare.

E’ proprio in Piemonte non piove. Fiumi come rivoli, laghi prosciugati e raccolti compromessi. Il rischio siccità per l’imminente estate è molto forte e non conosciamo i termini in cui si manifesterà un problema certo. Purtroppo questa emergenza non sembra avere l’attenzione che merita rispetto al resto d’Europa e, fuori dagli addetti ai lavori, la percezione di gravità del problema è ancora alquanto bassa. 

 In discussione vi sono intere filiere di coltivazioni e allevamenti oltre all’ordinario utilizzo dell’acqua nelle nostre case, mentre la forte diminuzione del flusso dei corsi d’acqua può compromettere interi eco sistemi.  Non stiamo parlando del Sud ma del Piemonte. La regione sabauda e il Bacino del Po, in questo avvio 2023, ha registrato un calo di precipitazioni dell’80% rispetto alla media climatica rilevata a partire dal 1991. Un dato che aggrava un trend perdurante da tempo che ha portato il Piemonte ad avere il calo più rilevante a livello europeo, secondo i rilievi del  Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA).

E’ ormai da anni la pioggia scarseggia. Basta dare uno sguardo al Po che ha dimezzato la sua portata a Torino, con cali registrati in tutti suoi affluenti. Questo mentre le falde acquifere continuano ad abbassarsi per le scarse piogge e nevicate. Ora la situazione si sta facendo pesante e l’evitare perdite nella rete, e un utilizzo virtuoso da parte dei cittadini, ritorna ad essere una priorità, mentre anche i piani strutturali di intervento (invasi) sono in grande ritardo rispetto al resto d’Europa, specie in Francia e Spagna.

Già, i tanto decantati invasi preziosi per compensare i periodi di scarsità.  Il loro piano di realizzazione, per recuperare il 35% dell’acqua piovana, è in ritardo assoluto. Gli invasi sono pochi e insufficienti rispetto a piani e propositi, e c’è già chi critica sfiduciato un sistema che non sembra così efficiente per rispondere a una situazione idrica sempre più drammatica.

 il miglior serbatoio restano le falde freatiche (che continuano ad abbassarsi in conseguenza della scarsità di pioggia e neve), che non costano e portano acqua di alta qualità, rispetto a quella degli invasi che peggiora con temperature più elevate.

Intanto gli agricoltori corrono ai ripari riducendo le superfici irrigate, anticipando la semina e variando le produzioni (con prodotti come e grano e soia che necessitano meno acqua), per ottenere dei raccolti prima che il solleone inaridisca del tutto i campi.  Un quadro che vede i fenomeni di desertificazione penalizzare anche l’allevamento in quanto la minor produzione di foraggio impone acquisti dall’estero.

Preoccupante la situazione per un principe dell’agroalimentare piemontese: il riso. Una coltura che si è andata estendendo estesa verso la Lombardia (Pavese, Lomellina, novarese) e che ora viene ridimensionata (-8.000 ettari) proprio nelle zone dal terreno con caratteristiche sabbiose che, a differenza del vercellese,   non trattengono l’acqua e necessitano di troppe irrigazioni.  Su questo è intervenuto un consorzio d’irrigazione, come lo storico Ovest Sesia di Vercelli, voluto da Cavour nel 1853.  

Europa a secco

Anche nell’Europa occidentale da due anni le piogge sono scarse, mentre questo inverno ha registrato  lunghi periodi di assenza totale di precipitazioni.

I governi di Francia e Spagna sono all’opera per fronteggiare da subito l’emergenza siccità estiva in alcune regioni. Questo imponendo limiti al consumo di acqua in agricoltura, vietando di innaffiare parchi pubblici e privati, attivando inoltre un rinnovamento delle condutture, per evitare ogni minimo spreco, e riciclando le acque reflue. Impietoso il confronto con una realtà agricola e assolata come quella spagnola (che fornisce molti ortaggi nei nostri supermercati) in cui i piani gli invasi e le iniziative per affrontare la questione siccità sono applicate da tempo e sono oggetto di continui interventi.

“Troppa burocrazia mentre l’acqua piovana si disperde”

Sul patrimonio idrico nazionale intervengono svariati (sicuramente troppi) soggetti politico amministrativi (enti locali, consorzi, municipalizzate e figure come “il magistrato del Po”) spesso poco coordinati per un bene primario marginalizzato dalla politica.

Solo pochi giorni fa si è svolto un incontro, alla presenza di Giorgia Meloni, per l’apertura di un tavolo governativo che dovrà definire, con diversi soggetti ministeriali ed enti locali, un piano idrico straordinario per individuare priorità di intervento e loro adeguata programmazione. Incontri in cui si è anche parlato della nomina di uno o più super commissari per intervenire sull’emergenza idrica, indicano necessari azioni di monitoraggio, pianificazioni e la necessità di avviare compagne di sensibilizzazione.

Insomma mentre la barca affonda noi siamo ancora in una fase di studio e monitoraggio, certo necessaria ma in ritardo per dare risposte immediate ad agricoltori e cittadini che rischiano di fallire bevendo l’acqua portata delle autobotti. 

In ogni caso pare si sia capito che la questione non possa essere lasciata alle decisioni della miriade di soggetti e interessi presenti a livello locale. Un’emergenza che è sempre stata vista come secondaria a cui  la politica deve dare risposte pronte. 

Agli atavici problemi legati a sprechi, perdite della rete idrica, ritardi negli interventi di efficientamento, emergono in modo forte anche gli interessi contrastanti legati all’uso agricolo, energetico e quello legato alla fornitura di acqua potabile che è diventata un problema in alcune realtà.

Tuttavia per essere a marzo è evidente quanto stiano venendo al pettine i ritardi con cui si è affrontata un’emergenza siccità che potrebbe davvero mettere in ginocchio intere comunità e filiere produttive, oltre ai danni all’ecosistemaFa sorridere che solo oggi si scopra l’esigenza di avere un quadro preciso attraverso una sorta di catasto dell’acqua, in una realtà in cui a eccellenze, che praticano sistemi di coltura avanzatissimi, si affianca un desolante quadro in cui l’irrigazione è da terzo mondo.

Questo in un paese che non riesce a recuperare l’87% dell’acqua piovana.

Alcuni agricoltori denunciano inoltre come la concorrenza dell’industria idroelettrica penalizzi un settore in cui l’apertura o la chiusura di un canale può determinare la sua sopravvivenza. Le loro lamentele riguardano anche il peso della burocrazia con preziosi fondi inutilizzati. 

Per questo da tempo si auspica l’istituzione di una cabina di regia nazionale del comparto che sappia mediare tra i vari interessi in gioco. “di commissari delle acque se ne sono visti tanti ma quello che serve e creare sinergie tra i vari soggetti coinvolti” è il commento di un agricoltore vercellese.

 La brutta sensazione è che soluzioni e interventi, prospettati da fior di analisti ed esperti, prevedano tempi di applicazione troppo lunghi di fronte all’incedere dell’emergenza siccità, dopo un inverno in cui non piove e non nevica, con temperature costantemente sopra la media.

Intanto in Piemonte il nuovo Programma di sviluppo rurale ha stanziato 55 milioni per aiutare le aziende agricole a realizzare piccoli invasi, che dovranno salvaguardare l’ambiente e il paesaggio. “Abbiamo mosso i primi passi, ma come Regioni rivendichiamo un’attenzione forte e determinata dello Stato, perché è necessario azionare tempestivamente leve importanti” ha dichiarato il presidente Alberto Cirio.

Insomma siamo ai primi passi, mentre la protezione civile ribadisce ai cittadini il decalogo dii consigli virtuosi per fronteggiare la crisi idrica:   

“Non lavate frutta e verdura lasciandola sotto il rubinetto ma è sufficiente metterla a bagno con un po di bicarbonato. È uno dei consigli della Protezione civile che invoca di usare l’acqua solo quando è necessario mentre ci si rade o ci si lava i denti. Evitare ogni spreco negli scarichi della toilette, ecc. Il risparmio di pochi litri assicurato da comportamenti virtuosi diffusi è fondamentale”. 

In Italia sono ancora molti che rifiutano le tematiche del riscaldamento globale, anche se è evidente che senza una responsabilizzazione generale ambientale degli apparati produttivi, urbani, fino alle abitudini quotidiane dei cittadini, mirate a ridurre sprechi e inquinamento, caldo e siccità continueranno a rendere la vita sempre più difficile all’uomo e all’intero ecosistema. 

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