di Paolo Pazzi
Giorgio Ballario è un noto giornalista, scrittore. Ed è anche fondatore del gruppo Torinoir. L’abbiamo incontrato per parlare proprio di questo progetto.
Che cos’è Torinoir?
Torinoir è un gruppo di undici scrittori torinesi che da anni si dedicano al genere giallo/noir. E’ nato nel dicembre del 2013 su mia iniziativa e pochi mesi dopo, ad aprile del 2014, si è formalmente costituito come associazione culturale, di cui sono presidente e Rocco Ballacchino vice presidente. Gli altri soci di Torinoir sono Patrizia Durante, unica donna, Enrico Pandiani, Claudio Giacchino, Massimo Tallone, Maurizio Blini, Luca Rinarelli, Marco G. Dibenedetto, Fabio Beccacini e Fabio Girelli. Quest’ultimo è il più giovane della banda ed è biellese, ma l’abbiamo accettato lo stesso.
Come nasce il tuo amore per il giallo?
Nasce come lettore, innanzi tutto. E poi anche come amante del cinema “di genere”. E’ un po’ come per i piloti di aerei: difficile pensare di mettersi a scrivere un romanzo giallo o noir senza avere alle spalle centinaia di ore di lettura di Simenon o Agatha Christie, o Conan Doyle, a seconda dei gusti. O anche classici del cinema come i film di Bogart, James Cagney, Jean Gabin. Poi è chiaro che ciascuno sviluppa temi e personaggi sulla base della propria sensibilità, dei propri gusti, della propria cultura. In ogni caso scrivere un romanzo giallo non è un’operazione scientifica ma richiede il rispetto di determinate regole, alla fine del racconto tutte le tessere del mosaico devono andare al loro posto. Con il noir c’è forse più libertà perché la trama è meno “matematica”, ma comunque non si può menare il can per l’aia: il lettore, che di solito è molto preparato, non te lo perdonerebbe
Il tuo amore per il Piemonte è sempre stato così vivo o ha subito fasi ascendenti e calanti?
In un romanzo giallo non è indispensabile inserire dettagli strettamente legati a un luogo, una città, una regione. In linea teorica a prevalere è il meccanismo dell’indagine e del mistero da scoprire, per cui l’azione si potrebbe svolgere ovunque, senza particolari riferimenti territoriali. Tuttavia moltissimi gialli, in particolare quelli della seconda metà del Novecento e anche di questo scorcio di inizio secolo, sono invece strettamente connessi a un ambiente urbano specifico, a un territorio. Nulla di nuovo, perché anche i romanzi di Maigret, ambientati negli anni Trenta del secolo scorso, erano profondamente legati a Parigi o alla provincia francese. Credo che ormai nessuno, a meno di voler fare l’originale a tutti i costi, oggi scriverebbe un romanzo noir privo di riferimenti carnali al luogo e alla società in cui si svolge; e in questo senso il racconto poliziesco diventa una specie di romanzo sociale contemporaneo, il più adatto per descrivere i cambiamenti politici, economici e di costume di un Paese o di una metropoli. E’ chiaro, quindi, che essendo noi torinesi ambientiamo gran parte dei nostri lavori a Torino o in Piemonte, senza però che l’appartenenza geografica diventi una gabbia.
Come mai i tuoi romanzi sono infarciti di tanti riferimenti storici?
Finora sono stati pubblicati tre miei romanzi – gialli storici – ambientati nelle colonie africane d’Italia negli anni Trenta. E’ un genere che mi piace, l’ambientazione storica permette di viaggiare con la fantasia e di ricreare altri mondi, sia pure sempre all’interno di una rigida e verosimile realtà storica. Naturalmente anche in questo caso non si può barare con il lettore, non si deve offrire una storia da operetta a proprio uso e consumo, perciò è richiesto un grande impegno per conoscere e capire la storia del periodo. Dal mio punto di vista andare indietro nel tempo è il modo di sfuggire a una realtà contemporanea che non piace, ma anche, da un punto di vista tecnico, di sottrarsi a regole d’indagine che sono diventate sempre più scientifiche, tecnologiche, stereotipate. Forse è una mia idea, ma credo che gran parte dei grandi romanzi gialli/noir del Novecento – pensiamo a Simenon, Raymond Chandler, Scerbanenco, Leo Malet, Vazquez Montalbàn – sarebbero stati meno affascinanti se i loro protagonisti avessero dovuto confrontarsi con tabulati e intercettazioni telefoniche, filmati di telecamere, test del Dna…
Come vedi il destino del libro e della letteratura gialla?
Mi lego alla risposta precedente. Il giallo contemporaneo (e futuro) è necessariamente legato alle tecniche investigative sempre più scientifiche, anche se la cronaca ci insegna che con la sola tecnologia non è scontato che si riesca con certezza a risolvere un mistero e a dare un volto al colpevole. Sarà per questo che gli autori si orientano sempre più verso il genere noir, dove non c’è necessariamente un’indagine di polizia, dove il protagonista non deve per forza essere un commissario o un capitano dei carabinieri, dove le atmosfere sono più sfumate e spesso l’omicidio o la violenza sono pretesti per raccontare uno spaccato del male che investe la società.
Il giallo è ancora una forma di romanzo che attrae oppure e in parabola discendente?
Al momento la narrativa di genere (li chiamiamo gialli per comodità, ma poi esistono molti sottogeneri come il noir, il thriller, il poliziesco, le spy-story) in Italia è ancora molto apprezzata. Anzi, negli ultimi quindici anni c’è stato un vero e proprio boom che ha beneficiato gli autori italiani ma anche moltissimi stranieri, basti pensare al successo dei giallisti scandinavi. Per certi versi il giallo è diventato fenomeno di massa, grazie anche a fuoriclasse come Camilleri e il suo Montalbano, che da vent’anni conquistano le classifiche di vendite in libreria e gli indici d’ascolto in tivù. Può darsi che alla lunga possa esserci una fase di stanca e di rifiuto da parte del pubblico, ma per il momento il genere è ancora in salute.
Raccontaci qualcosa di curioso su Torinonoir…
L’aspetto più curioso di Torinoir è che riunisce persone che per età, professione, interessi, cultura e sensibilità politica non potrebbero essere più diverse. Accomunate dal grande amore per la scrittura, per il genere poliziesco e ovviamente anche per la nostra città. Un aneddoto carino è che tutti hanno un soprannome: c’è lo Sbirro, il Burocrate, Lady Stricnina, Lo Strizzacervelli, il Crotalo, Tovarisch…
Progetti futuri
Oltre a presentazioni collettive, reading e incontri con le scuole (in un caso anche con i carcerati nel penitenziario di Alba), produciamo anche opere targate Torinoir: le ultime sono state l’autunno scorso un’antologia di racconti su Porta Palazzo e la Memonoir, l’agenda letteraria del 2017 con un racconto al mese. Ora ci aspettano una serie di eventi con ospiti da tutta Italia che a maggio gestiremo per il Salone Off, in occasione del Salone del Libro; e un’altra antologia di racconti che uscirà in autunno.