«Garantire l’assistenza domiciliare a chi non è più autosufficiente». Per Elide Tisi, vicesindaco di Torino e delegato Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) per il welfare, si tratta di una priorità che la Regione non sta rispettando. La Tisi, infatti, è intervenuta dopo che, il 30 dicembre, la Giunta di centrodestra guidata da Roberto Cota ha deliberato che la maggior parte delle prestazioni medico-infermieristiche a domicilio, fino ad allora a carico della sanità piemontese, vengano pagate al 50% da chi ne usufruisce. Una decisione, sottolinea il vicesindaco, che «a Torino tocca più di 8mila persone e 4mila assistenti familiari».
Per questo, sostiene, vanno presi subito provvedimenti. «Al responsabile delle politiche sanitarie di piazza Castello – afferma – si chiede di non dare corso alle disposizioni contenute nella delibera del 30 dicembre senza aver previsto adeguata concertazione in sede di Conferenza Regione Autonomie Locali, garantito certezza di risorse ed esigibilità del diritto alle prestazioni e di intraprendere ogni iniziativa utile alla negoziazione nazionale per la difesa del virtuoso modello piemontese».
La Tisi non si rivolge solo alla Regione, ma chiede di «attivarsi presso i livelli nazionali a tutela del modello piemontese affinché tutte le prestazioni rivolte a persone con patologie croniche o invalidanti rientrino in ambito Lea», che sta per Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero l’insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza.
Le prestazioni a domicilio, in questo senso, non devono fare eccezione. «Si devono evitare le discriminazioni tra quanti sono inseriti in strutture e quanti sono invece assistiti nella propria abitazione».
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