Come cambia la comunicazione politica e, soprattutto, come viene interpretata dai soggetti che a vario titolo ne sono protagonisti o destinatari. Questo il tema del dibattito organizzato dall’Osservatorio permanente sulla comunicazione politica di Unicom a Torino. L’occasione è stata la presentazione dello studio sul tema da parte dei soggetti sopra menzionati. Uno studio che si è concentrato sull’analisi delle due principali sfere che si affacciano al mondo in questione: le agenzie, quelle che producono la comunicazione, e l’opinione pubblica che, diversamente, ne fruisce.
Al dibattito presenti Fabrizio Masia, direttore generale di Emg Acqua Group, e Giuseppe Tipaldo, docente in Comunicazione all’Università degli Studi di Torino. A moderare Bernardo Basilici Menini di Nuovasocietà.
«Il principale fattore che emerge dalle ricerche è una fortissima discrepanza nell’interpretare e valutare la comunicazione tra agenzie e opinione pubblica. – ha detto Fabrizio Masia – E questa lontananza coinvolge tutti gli ambiti che abbiamo vagliato: autocollocazione politica, atteggiamento verso la stessa, fonti di informazione, utilizzo del web. Quello che accomuna produttori e consumatori, invece, è un atteggiamento di diffidenza verso politici e giornalisti, con una grande considerazione rivolta invece ai tecnici». La comunicazione politica, ha proseguito Masia, stenta ad avere risultati forti in Italia anche per gli scarsi investimenti: «Sia per le rilevazioni sul gradimento, che per i sondaggi, che per le campagne elettorali nel nostro Paese si vuole spendere poco e fare la cose da soli. Poi non c’è da stupirsi se i risultati non sono assolutamente buoni».
Il social network più popolare, Facebook, è stato al centro dell’analisi di Giuseppe Tipaldo, che ha spiegato come «la sua strutturazione, nel tempo, sia completamente cambiata. Le stessa pagine, ad esempio quelle di partiti o esponenti politici, un tempo raccoglievano seguito attraverso i contenuti pubblicati, mentre adesso il loro successo è strettamente legato ai soldi spese per promuoverle». Proprio un’analisi più attenta di Facebook, inoltre, avrebbe permesso di prevedere la sconfitta di Fassino alle scorse amministrative, continua Tipaldo: «Chi ha analizzato le pagine dei candidati ha fatto grossi errori. Per determinare il network dei partiti si è andati a vedere i “mi piace” nelle varie pagine, contando spesso i doppioni e sovrastimando il seguito del Partito democratico, mentre la capacità del Movimento 5 Stelle era decisamente maggiore».
Dato il buon esito dell’incontro da Unicom fanno sapere che il dibattito potrebbe essere a breve replicato a Milano, per tornare poi a Torino in autunno in occasione della presentazione di una nuova ricerca.