di Marco Grimaldi
Questa mattina i lavoratori e le lavoratrici della Reggia di Venaria hanno manifestato davanti al Consiglio Regionale, esponendo ancora una volta la situazione sempre più drammatica creatasi in seguito al cambio di appalto della Reggia, che conta 101 dipendenti.
Coopculture, la cooperativa aggiudicataria dell’appalto, ha confermato il taglio delle ore, che peserà sugli stipendi del 20-22% (il che potrebbe significare tagli dai 200 ai 400 euro al mese a stipendi medi di 850 euro), nonché l’applicazione del CCNL Multiservizi, decisamente peggiorativo rispetto al CCNL Federculture ottenuto quattro anni fa.
Il 21 Giugno 2016 il Consiglio Regionale del Piemonte ha approvato tre documenti che chiedevano in particolare il rispetto delle cosiddette clausole sociali e l’applicazione del contratto collettivo azionale e territoriale di maggior favore in vigore per il settore. Oggi i consiglieri hanno appreso dalla voce dell’Assessora Parigi che il Consorzio della Venaria Reale non solo non è riuscito a contenere il taglio entro il 10% annunciato, ma soprattutto non ha ottenuto nemmeno di poter prevedere le stesse condizioni salariali del Federcultura.
Il Direttore Turetta, responsabile di un bando che nei fatti ha come unico effetto quello di produrre lavoratori poveri, è lo stesso che guadagna più di 30.000 euro rispetto al compenso dell’ex Direttore della Reggia?
La risposta che l’Assessora Parigi ci ha dato in Commissione su questo punto è che a pagarlo è il Mibact e il suo stipendio è il medesimo di quando lavorava al Polo Reale. Bene, anche i lavoratori della Reggia vorrebbero prendere lo stesso stipendio di prima.
Per tre mesi ci hanno chiesto di non generare allarmismo e ora vediamo 101 famiglie ridotte sulla soglia della povertà. Questa vicenda grida vendetta!
Se la Regione pensa di avere fatto il possibile, allora purtroppo il possibile è troppo poco. Soprattutto per un ente come il nostro che destina alla Reggia il doppio delle risorse del Mibact. A questo punto il Direttore almeno si industri a trovare le risorse che consentirebbero ai lavoratori di mantenere gli standard salariali del contratto Federculture. Non ne è capace? Può sempre passare la mano a un nuovo direttore. Noi siamo ancora dell’idea che un bando non faccia mai male, se scritto bene.