C’è poco da fare. Essere del Toro, tifare Toro, “appartenere” al Toro è una sofferenza continua ma anche, per dirla con Veltroni, una gioia incontenibile. Del resto, è la nostra storia secolare ad aver scandito passione e dolore, entusiasmo e cadute, tifo e contestazione ecc. ecc. E anche quest’anno non usciamo da questi dilemmi strutturali e costitutivi della storia granata. Si perde in casa contro il Sassuolo, si vince a Copenaghen – vabbè, era squadra paragonabile alla nostra C, ma è pur sempre una competizione europea, seppur in attesa dell’Atletico Bilbao.. -, si perde immeritatamente contro la Juventus nel catino di Venaria, si pareggia per miracolo ad Empoli e poi si liquida con grinta e convinzione il fortissimo Genoa. Insomma, risultati “da Toro”, come si suol dire, dove l’unica certezza è la sofferenza.
Ora, senza giustificare il tutto ricorrendo al “destino cinico e baro”, è pur vero che l’appartenenza alla “comunità granata” continua ad essere esaltante e carica di emozioni. E non solo per noi militanti da stadio ma anche per tutti coloro che anche lontanamente sentono un richiamo ai colori granata. Del resto, se è vero, com’è vero, che la letteratura sul Torino e sulla storia granata è la più corposa rispetto a tutte le altre squadre italiane, dobbiamo anche dire che questo non è altro che la conferma della singolarità e della peculiarità di questa “storia” esaltante e tragica al tempo stesso.
Ma c’è un aspetto su cui vorrei richiamare l’attenzione in questo scorcio di fine anno. E cioè, se la peculiarità della storia granata si conserva in tutta la sua freschezza, la società che attualmente gestisce e governa il Torino non può essere sorda al richiamo della sua tifoseria. Centinaia di cene e momenti di incontri nei vari club disseminati in tutta Italia continuano ad essere gremiti di tifosi e simpatizzanti di tutte le generazioni. E a questi momenti di incontro e di convivialità la partecipazione delle “vecchie glorie” continua ad essere costante e preziosa. Vecchie glorie che incrociano gli sguardi interessati dei tifosi granata e che distillano ricordi lontani ma sempre freschi e attuali per il “popolo granata”.
Ora, alla lue di questa costante che si ripete puntualmente ogni anno da molti decenni, chiediamo troppo a Cairo e a chi lo affianca se la “società” non rimane estranea ed esterna a tutto ciò? Chiediamo troppo se prima dei risultati, sempre importanti e sempre decisivi per ogni squadra, Torino compreso, c’è anche il rispetto profondo della storia e della specificità granata?
Siamo certi che Urbano Cairo batterà un colpo…. Auguri granata!…