C’erano le madri, con le foto delle loro creature, uccise dal cancro causato dal veleno e dall’indifferenza. C’era la pioggia, come nel finale dei promessi, a spazzare via il silenzio che resisteva nonostante oltre vent’anni di inchieste della magistratura e denunce di parroci, associazioni, cittadini.
Il fiume in piena, così si chiamava la manifestazione, e questo era l’hashtag su Twitter, è arrivato in piazza del Plebiscito per portare migliaia di storie e altrettante richieste o, meglio, pretese rispetto quello che dovrà essere il futuro di un territorio che è stanco di essere chiamato Terra dei fuochi, o peggio ancora, Triangolo della morte.
Perché c’è un pezzo di Italia, fra le province di Napoli e di Caserta che è diventato un deposito di veleni, di scorie industriali, di rifiuti provenienti dal ricco nord. E a gestire questo traffico, i boss della camorra, quelli che avevano capito bene, per usare le parole di uno di loro, che «la monnezza è oro». Un oro che ha arricchito la criminalità e avvelenato e ucciso.
Ecco perché Legambiente, le associazioni e i coordinamenti parlano di ecocidio e di biocidio. Ecco perché ci sono parroci come quello di Caivano, Don Maurizio Patriciello, che hanno raccolto il dolore di migliaia di persone, che hanno dovuto celebrare funerali di creature che sono state strappate alla vita su cui si stavano affacciando. Con lui ci sono tanti sacerdoti come Padre Alex Zanotelli, le Acli. Un mondo che nei media è stato a lungo invisibile e ora si riprende il suo spazio, anche negli slogan contro la camorra.
Oltre alla camorra, ci sono anche gli abbandoni di rifiuti, gli incendi dei copertoni: tutto fa parte di uno scenario infernale che, secondo i cittadini, i comitati e le associazioni, hanno dei colpevoli ben precisi con nomi e cognomi che sono tutti quelli che si sono succeduti nei posti di comando senza risolvere il problema.
Adesso la prima urgenza è quella della bonifica. «Certo che serve – spiegano dai comitati – ma che sia fatta in maniera trasparente e senza quelle leggi speciali che hanno fatto solamente disastri, come è successo dopo il terremoto».
Cade la pioggia sulle lacrime delle madri, sulla rabbia dei giovani. Cade la pioggia sul naufragio dei politicanti. Le “mamme vulcaniche” hanno tante cose da raccontare. Quello che è chiaro, in una manifestazione senza le bandiere di partiti o sindacati (ma c’era il segretario della Fiom, Maurizio Landini), è che è proprio finito il tempo in cui ci si poteva limitare a far finta di non vedere, a girarsi dall’altra parte sperando di non essere colpiti, quando la paura della camorra e del clima di omertà era più forte di quello per la sorte di intere generazioni. Adesso chi va in piazza vuole dire chiaro e forte che quel tempo è finito. “Senza terra non siamo niente” si legge uno striscione, ed è una frase che vuol dire tante cose.
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