«Dobbiamo alzare la nostra voce contro gli attacchi alle lesbiche, ai gay, ai bisessuali o ai transgender. Dobbiamo opporci all’arresto, all’imprigionamento e alle restrizioni discriminatorie». È questo l’appello accorato del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, alla vigilia dei Giochi Olimpici Invernali di Sochi nella Russia meridionale.
Un appello che ha anche il sapore della denuncia delle leggi russe che vietano la propaganda gay e la blasfemia.
«L’odio di qualsiasi genere non deve avere alcun posto nel ventunesimo secolo», ha detto ancora Ban Ki-Moon.
In Russia si assiste a una violazione della libertà dell’individuo, una repressione che mina i diritti fondamentali dell’uomo e che getta una pesante ombra su queste Olimpiadi.
Contro questa stortura politica e culturale, e contro le discriminazioni dei gay, scrittori, intellettuali di tutto il mondo hanno alzato la voce, tra cui Salman Rushdie, Margaret Atwood e Jonathan Franzen, scrivendo una lettera al quotidiano britannico “Guardian” in cui definiscono le leggi russe soffocanti.
L’augurio è che la fiaccola delle Giochi Invernali possa illuminare le menti di chi governa quella terra e aprirle alla libertà e al rispetto di ogni uomo. Ma forse è chiedere troppo.
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