Attorno alla riforma del Senato si gioca una partita politica delicata e decisiva. Delicata perché il tutto rischia di far precipitare il cammino, seppur tortuoso, di questa legislatura. E decisiva perché una eventuale interruzione dei proclami quotidiani del Premier getterebbe ulteriore confusione nel sempre fragile quadro politico italiano.
Del resto, è inutile fingere di non guardare in faccia la realtà. Non si è mai visto, sino ad oggi, una assemblea legislativa e sovrana che azzera, con una legge votata dagli stessi membri, la medesima assemblea. Non a caso, con svariati e molteplici distinguo – peraltro tutti legittimi e giustificati – è immediatamente partita la gara a bloccare lo svuotamento e la liquidazione finale del Senato. Accompagnata, come da copione, dalle ormai quotidiane minacce del Premier che annuncia il suo ritiro dalla politica e la caduta del Governo se la riforma non decolla nella sua originalità.
Ora, delle due l’una. O Renzi bluffa o gli intenti bellicosi e ultimativi di chi si fa paladino per bocciare la proposta di Renzi è solo strumentale e folkloristica e quindi destinata a rientrare appena la discussione parlamentare entra nel vivo. E il rischio concreto è proprio quello, paventato da molti osservatori e commentatori, di correre verso il voto anticipato con la gioia di tutti gli attuali senatori e di tutti quei partiti che stanno progressivamente picconando la “grande riforma” propagandata dall’ex sindaco di Firenze.
Del resto, com’era ampiamente prevedibile, le riforme è molto semplice annunciarle ma è tremendamente difficile declinarle concretamente. Il nodo politico di fondo, però, resta quello di come costruire il profilo del nostro assetto istituzionale. Al di là della retribuzione dei futuri componenti del Senato e delle provenienze – sindaci, consiglieri regionali e Presidenti di Regione – resta del tutto inevasa la questione cruciale: e cioè la “mission” del futuro Senato. Senza questa chiarificazione strutturale, il tutto è legato alle “sparate” demagogiche degli stipendi e dei “posti” da cancellare. Temi indubbiamente importanti ma drasticamente secondari ai fini dello stesso funzionamento delle maggiori istituzioni rappresentative del nostro paese. Per restare su questo versante, attendiamo che il confronto entri nel merito. Se vogliamo che questo passaggio sia veramente “costituente”, come annuncia pomposamente il Premier, evitiamo che il tutto si riduca ad una questione di indennità, di posti da cancellare e di funzionari da trasferire. Quello è il contorno, importante, ma pur sempre il contorno.