Senatore Mauro Laus, una analisi puntuale e una ricetta di rilancio, affidate alle pagine di un quotidiano, hanno svelato quanto le stia a cuore il futuro del Valentino. Lo ritiene cosi strategico per quale motivo?
Il parco del Valentino è uno dei simboli indiscussi della nostra città, un capolavoro naturale eclettico come nessun altro dei tanti che compongono l’immenso patrimonio verde del territorio. Qui la storia di Torino, che è fatta d’arte, conoscenza, bellezza, si è intrecciata con le singole storie dei torinesi. Non a caso il Valentino ha ispirato testi, film e canzoni, per essere diventato nel tempo il luogo culto degli incontri, delle passeggiate, del ritrovo. È un tesoro prezioso cui nessuno di buonsenso vorrebbe rinunciare e invece negli ultimi anni il degrado e l’abbandono hanno mortificato ogni ambizione del parco, impedendo a chiunque di usufruirne la sera, ma anche di giorno. Oggi è impensabile persino andarci a correre di mattina.
Cosa crede si debba fare nell’immediato per recuperare e rilanciare quegli spazi?
Intanto occorre che il Valentino ritorni a essere accessibile e fruibile a tutti: i nonni con i nipotini, gli sportivi, i visitatori… Bisogna tornare a garantire l’ordinario, che però non è lo stesso di vent’anni fa. La cura e la manutenzione del verde non bastano più. Oggi l’ordinario è anche riempire di contenuto le strutture all’interno del parco per evitare che siano lasciate in disuso, vuol dire rendere quell’area parte integrante delle politiche di attrazione turistica, vuol dire “brandizzare” un luogo che ha non solo una storia da raccontare ma anche tante storie ancora da inventare.
Cosa intende per “brandizzare”?
Intendo che il Valentino deve essere ripensato secondo una strategia mirata, capace di reinventarlo innanzitutto e poi comunicarlo, tanto da accrescere via via il suo potenziale per renderlo attrattivo agli occhi di investitori privati. Nessuno, fino a oggi, è riuscito a portare il brand-Valentino fuori dalla città, si è lasciato che il parco rimanesse ancorato al ricordo di ciò che era e che una gestione miope lo spegnesse. Nessuno l’ha mai valorizzato per ciò che potrebbe essere al di là del rilancio del singolo locale o del singolo pezzetto da riqualificare. Dentro al Valentino ci sono mille potenzialità, mille progetti da avviare. Mai come in questo caso, città e luogo possono vicendevolmente influenzarsi, dando vita a un circolo virtuoso per cui più il brand ha successo, più la fama della città può crescere, e viceversa.
Come pensa si possa trasformare di fatto un luogo fisico in un brand di successo?
È necessario lavorare sulla sua percezione dall’esterno, per questo credo che la via maestra sia quella di lasciare che a reinventarlo sia la creatività di professionisti, da individuare non necessariamente nell’ambito della città o di chi vive in città. Penso ad un concorso di idee internazionale, che permetta di accogliere suggerimenti e proposte di privati disponibili a investire e creare opportunità nel lungo periodo. Spesso, in politica, si discute se aprire o meno alla società civile. Ecco, questo è il momento di farlo. L’apertura alla società civile la si dà dimostrandosi ricettivi e creando le condizioni per accogliere le buone idee, non solo in campagna elettorale, ma anche dopo. Come? Rendendo facile l’accesso alla creatività che arriva da chi è fuori dalle logiche dell’amministrazione. Le buone idee chiamano gli investitori e, a cascata, creano risparmio e profitto per le amministrazioni locali.
Pensa a qualche città europea in particolare in cui questo percorso ha funzionato?
Nel resto d’Europa è una prassi consolidata. Mentre gli investimenti per il verde pubblico progressivamente diminuiscono, si tenta di ovviare a questa tendenza attraverso attività e progettualità che possano produrre reddito, lavoro e migliorare la qualità della vita.Per questo, ormai, sempre più spesso si chiede a chiunque abbia delle idee in proposito di condividerle partecipando a manifestazioni di interesse e bandi di idee.
Lo scopo è quello di coniugare l’esigenza sacrosanta di valorizzazione del verde nelle città con nuove forme di investimento economico e quindi generando anche una maggiore sicurezza in termini di programmazione delle risorse. Un sistema che crea nuove opportunità di formazione e di lavoro e aumenta il benessere dei cittadini. I parchi di Bristol, Berlino e Toronto, ad esempio, mostrano come non servano grandi risorse per mettere in pratica idee innovative di rilancio degli spazi verdi cittadini, ma idee innovative. Abbiamo tra l’altro i numeri per attivare progettualità che ottengano l’attenzione del governo e l’impegno dei Fondi europei.
In questo quadro quale sarebbe il ruolo dell’amministrazione comunale?
Chi amministra deve dimostrare elasticità mentale e la capacità di saper intercettare il meglio che c’è anche fuori. Deve allungare lo sguardo e mettersi al servizio di progettualità in grado di modernizzare gli approcci alle soluzioni. La questione del Valentino, se ben inquadrata, può rappresentare davvero un esempio di metodo, di visione e gestione della città. La creatività costituisce una delle risposte all’agenda per la qualità e la competitività urbana. Un impegno indifferibile per governanti, pianificatori, gestori, promotori e investitori è quello di immaginare città che siano luoghi desiderabili dove vivere, lavorare, formarsi e conoscere, luoghi produttivi ed attrattivi per gli investimenti. Torino ha tutte le carte in regola per esserlo.