Forse in pochi a Torino avrebbero pensato di dover dire, un giorno, “vuoi vedere che aveva ragione lui?”.
“Lui” è Paolo Giordana, l’ex capo di gabinetto della sindaca Chiara Appendino, considerato da molti il Richelieu di Palazzo Civico.
Già, chissà quante volte Giordana aveva messo in guardia la sindaca su quei consiglieri della maggioranza pronti a mettere i bastoni fra le ruote. Ma il tempo è mancato anche per lui: la nota vicenda del presunto favore chiesto per la multa e le sue immediate dimissioni ci impediscono di sapere come sarebbe andata a finire e se alcune scelte di Appendino, in questo ultimo anno, con a fianco un consigliere come lui, sarebbero state fatte. Così abbiamo deciso di domandarlo direttamente a Giordana partendo proprio dal discorso tenuto ieri dalla sindaca.
Paolo Giordana cosa ne pensa del discorso che ha fatto ieri la sindaca ai suoi?
Ritengo sia un ottimo discorso. Avrei potuto scriverlo io, anzi avrei voluto che lei mi avesse chiesto di scriverglielo due anni fa. Adesso credo sia ormai fuori tempo, un po’ come il detto di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Per quanto riguarda la maggioranza non si può nascondere che lei abbia avuto degli attriti con alcuni consiglieri. Secondo lei ha pagato questo scontro con la maggioranza?
Certamente. Io non sono mai stato, e mai lo sarò, un Cinque Stelle. Non ho mai lavorato o voluto lavorare per i Cinque Stelle ma per Chiara Appendino, quella che ha ricevuto oltre il 30% dei voti al primo turno e oltre il 50% dei voti al secondo turno. Quella candidata civica che i torinesi, ed ovviamente anch’io, credevamo fosse la speranza di un cambiamento civico.
Ricordo bene quando in un’intervista disse che prima dei Cinque Stelle veniva Torino, e con questa ragione non firmò il famoso contratto che invece era stato sottoposto alla Raggi. Per me questi furono segnali chiari della costruzione di un’alternativa civica, che ovviamente “sfruttava” il traino del consenso dei Cinque Stelle. Così poi non è stato e nei tre anni trascorsi abbiamo assistito ad una linea politica sempre più piegata alla maggioranza consiliare.
Se potesse ancora consigliare la sindaca come ha fatto negli scorsi anni, tanto da aiutarla a vincere le elezioni, che consigli le darebbe?
In questo momento non credo che io possa darle consigli utili, perché ritengo molto difficile, se non impossibile, che si possa riportare la linea politica di questo mandato al progetto civico originario, quantomeno perché mancano i numeri in Consiglio Comunale.
Lei avrebbe mandato via Montanari?
Io le avevo consigliato a febbraio 2017 di osare e di fare un rimpasto della Giunta e sicuramente Montanari avrebbe dovuto essere cambiato già in quella occasione. Ci sono voluti due anni e mezzo.
Se avesse la macchina del tempo e potesse tornare indietro di cinque anni arrivando al momento in cui ha aiutato Appendino a costruire la sua immagine e a diventare sindaca, rifarebbe tutto?
Ritengo che le domande di ucronìa non abbiano molto senso, se non per vezzo accademico. Ovviamente nessuno di noi rifarebbe le stesse scelte perché, se sbagliate vorrebbe evitarle, se giuste vorrebbe migliorarle. Posso però dire che su una cosa sarei inflessibile: nel chiarire la mia totale estraneità al Movimento Cinque Stelle e nel chiedere che la proposta politica civica avesse una rappresentanza politica.
Avrei messo un aut aut: o venivano candidate almeno dieci persone della società civile, come era stato pensato anche da Chiara Appendino e proposto all’assemblea degli attivisti, o io non avrei collaborato alla campagna elettorale. Sarebbe stata non soltanto una garanzia per me ma per i tanti torinesi che sicuramente non sono del Movimento Cinque Stelle, sicuramente non sono “No Tav” e non sono “No Olimpiadi”, ma che votando per lei hanno eletto solamente consiglieri del Movimento Cinque Stelle. Ma adesso è tempo di guardare al futuro.
Quale strada vuole intraprendere Torino?
Credo che prima si debba rispondere a questa domanda, solo dopo si possa pensare ai partiti e ai candidati.