E’ un passo avanti importante il passaggio all’unanimità alla Camera della proposta di legge per costituire la Commissione bilaterale d’inchiesta sui casi Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Le due quindicenni scomparse a Roma nel 1983. Un mistero lungo 40 anni che solo la tenacia dei familiari, in particolare di Pietro Orlandi, ha tenuto vivo con inarrestabili iniziative e sit in alla ricerca della verità.
E’ molto significativo che, alla ragazza con la fascetta, sia stata legata la vicenda, rimasta alquanto nell’ombra, di Mirella Gregori, sparita nel nulla il 7 maggio 1983. Due casi uniti da quella pista internazionale ed economica che ebbe molto credito nella fase iniziale del caso, prima che continui depistaggi prendessero piede. Il tutto nell’ambito della guerra fredda che infuriava all’epoca tra fondi neri al sindacato Solidarnosc, scontri tra fazioni vaticane e pressioni su Santa Sede e Stato Italiano (Presidente Pertini) legate all’attentato a Papa Wojtyla.
L’istituzione della Commissione rappresenta un importante novità, dopo quella che ha portato la magistratura vaticana, rompendo un perdurante silenzio, ad avviare a inizio gennaio 2023 delle indagini sul caso Orlandi, attraverso il suo promotore di giustizia Alessandro Diddi. Ricordiamo che Emanuela Orlandi è cittadina vaticana.
Indagini che, al momento, non sembrano aver sortito ancora nulla di significativo, e si comincia ad alimentare un certo scetticismo sui suoi effettivi sviluppi.
Ben diverso il contesto di questa nascente Commissione bicamerale d’inchiesta che trova un esplicito impegno, non solo di facciata, da parte dei parlamentari, pronti ad entrare operativamente nel merito dell’intricata vicenda. La Commissione sarà composta da 20 deputati e 20 senatori e, come organo istituzionale, avrà la possibilità di effettuare indagini, analizzare fascicoli e documenti, oltre ad ascoltare protagonisti coinvolti nella vicenda in quel crogiolo di piste, prove, silenzi, mezze verità e depistaggi che hanno accompagnato costantemente questa vicenda. Anche se continuano ad emergere sviluppi e chiavi di lettura decisamente interessanti che vanno ben oltre generiche ipotesi.
Insomma vi sarà la possibilità di entrare nel merito di quelle condotte omissive che emergono in atti giudiziari ed investigativi che hanno finora ostacolato la ricerca della verità e dei suoi responsabili. Un discorso che prevede anche la possibile richiesta di documenti presso stati esteri (a partire dal Vaticano) importanti per un riesame della vicenda.
Nel corso del tempo sono apparsi evidenti i legami con l’attentato a Papa Wojtyla, compiuto da Ali Agca, e la presenza dei servizi. Un ricatto che , mentre si registravano i primi scricchiolii dell’impero sovietico, fu caratterizzato dal crack del Banco Ambrosiano di oberto Calvi, tra piste bulgare, Marcinkus, Opus Dei,P2, con l’operatività della Banda della Magliana.
Sul ruolo dei servizi resta emblematico il caso di quella cassetta (fatta ritrovare a Roma il 17 luglio 1983 presso la sede dell’Ansa, mentre una copia sarebbe finita in Vaticano), con i lamenti di una ragazza, che si presume possa esere la povera Emanuela, sottoposta a sevizie, in cui risultavano tre voci, di cui due con accento romanesco. Voci poi rimosse dopo le verifiche da parte dei servizi. Interventi e tagli confermati dalle moderne tecniche non certo disponibili negli anni 80.
Parte da qui il nuovo appello di Pietro Orlandi, diretto a qualche agente dell’epoca, affinché possa testimoniare in merito. In ogni caso quella cassetta originale dovrebbe ancora esistere da qualche parte a meno che non abbia fatto la fine del flauto di Emanuela.
Ora si attende l’approvazione del Senato. La Commissione alla fine redigerà una relazione conclusiva.
Certo le esperienze delle commissioni parlamentari non farebbero ben sperare per i loro risultati nella ricerca di verità su alcuni dei più emblematici ”misteri italiani”.
In questo caso la compattezza manifestata dell’arco parlamentare, rappresentano un importante segnale di reale volontà di voler procedere in modo concreto e determinato. Un ennesimo segnale che potrebbe dare una svolta a una ricerca di verità attesa da 40 anni per un caso di rilievo internazionale sorprendentemente archiviato nel 2015.