Uno spettacolo avvincente e a tratti esilarante è andato ieri in scena al Teatro Carignano di Torino, dove sul palco adibito a tribunale, si è tenuto il processo per rito abbreviato a Niccolò Machiavelli, interpretato da Marco Travaglio. Ad aprire l’opera, l’ameno prologo di Bruno Gambarotta, che dopo aver ricevuto un applauso si propone al pubblico per feste e cerimonie. Dopo aver rotto il ghiaccio, lo scrittore, giornalista, presentatore e attore torinese, regala al pubblico in sala una breve ma coincisa presentazione dell’imputato e della sua storia passata, introducendo anche i punti basilari dell’opera incriminata, “De principatibus”: l’opera che il segretario fiorentino dedicò al Principe Lorenzo de’ Medici, da molti ricordata come un libretto scritto da una mano guidata dal diavolo. Bruno Gambarotta dà così il via al tanto atteso processo, che per circa un’ora e mezza si svolge nel silenzio assoluto della sala, gremita da un pubblico attento e affascinato. Il processo è un susseguirsi di riferimenti a Berlusconi, del quale non viene fatto esplicitamente il nome, che troppo spesso la tira per le lunghe aspettando la prescrizione, e a politici fiorentini un po’ troppo saputelli. Ma l’accusa principale mossa dal Pubblico Ministero, interpretato da Bruno Maria Ferraro, è di istigazione a delinquere, poiché, secondo l’accusa, il segretario fiorentino, attraverso la sua meticolosa descrizione e l’esaltazione della strage di Senigallia del 31 dicembre 1502, ordinata dal duca Valentino, Cesare Borgia, avrebbe ispirato le stragi a noi più recenti e altrettanto sanguinarie attuate da capi di stato quali Hitler e Stalin. L’imputato Niccolò Machiavelli, che ovviamente si dichiara innocente e assolutamente estraneo ai fatti avvenuti secoli dopo la sua morte, afferma di aver solo descritto l’accaduto e di non poter essere considerato colpevole per fatti commessi da altri. Vengono così chiamati a deporre Caterina de’ Medici, teste in favore dell’accusa, interpretata da Gloria Liberati e Ugo Foscolo in favore della difesa, interpretato da Bruno Gambarotta. Apprezzabile il fatto che la regina, «Nonostante sia una nobile non si sia tirata indietro di fronte ad un processo, evitando di essere giudicata come fanno invece molti in Italia», citando le parole del giudice, interpretato da Gian Carlo Caselli, ex procuratore capo della città di torino. La regina, cresciuta a «latte e Machiavelli» dichiara di non saper nulla della strage degli Ugonotti, del 24 agosto 1572, anche questa secondo l’accusa, ispirata dal “Principe”. La regina prosegue poi, sottolineando che all’epoca era suo figlio a regnare e che anche lui ne era all’oscuro. «Quindi una doppia insaputa. Non è che qualcuno dei suoi parenti aveva una casa sul Colosseo?» Chiede allora il giudice scatenando risate e applausi del pubblico. Ma la parte più appassionante, arriva quando Ugo Foscolo interviene in difesa dell’imputato, flirtando con lui, dandogli del tu e chiedendo infine al giudice, di scattare un “selfie” insieme. Quando però il celeberrimo scrittore si fa serio, afferma che secondo lui solo un infante può essere davvero considerato innocente, ma non si può accusare il fiorentino per i crimini avvenuti dopo la sua morte; «Credete davvero che per aver fatto le scarpe a Letta abbia letto il Principe?», conclude Foscolo. In conclusione l’imputato rilascia una dichiarazione nella quale spiega come bisogna entrare nel male se necessitato, poiché uno stato unitario si può ottenere solo col sangue e che la Ragion di Stato sia sempre la cosa più importante per chi governa. Infine, dopo le arringhe, la Corte si ritira e solo dopo alcuni minuti rientra per ascoltare la decisione del pubblico in veste di giuria. La sentenza è definitiva, Niccolò Machiavelli è innocente e viene assolto.
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