Un medico alla guida del Partito democratico metropolitano. Visti i tempi di pandemia, e ciò che il Covid in due anni ha fatto al tessuto sociale e lavorativo, gli occhi e la sensibilità di un professionista della salute potrebbero certo aiutare la politica a guardare al mondo che cambia con maggiore empatia. Quando il medico è Marcello Mazzù, già sindaco di Grugliasco per due mandati e presidente di ATC fino a due anni fa, si comprende come un partito voglia concertare e fare sistema su elementi nuovi che sono sotto la lente della politica. La candidatura di Marcello Mazzù, medico di famiglia e del lavoro, 64 anni, ha di fatto il merito di esser stata in grado di fare sintesi tra tutte le correnti del PD. E già questo, non è poco.
Marcello Mazzù, ad oggi candidato unico nel Pd per la segreteria Metropolitana. Com’è andata?
Ho ricevuto la proposta due giorni fa, mentre stavo visitando in studio. Mi è stato chiesta una disponibilità generica, perché poteva verificarsi il fatto che la candidatura potesse riscontrare una ampia convergenza. L’unitarietà è stata la condizione che ho posto per accettare. Le trattative hanno poi avuto una forte accelerazione. Sul mio nome c’è stato l’accordo di tutti e ho accettato la proposta
Quali sono le caratteristiche di un candidato unitario, come si fa a mettere tutti d’accordo?
Credo influisca molto il particolare contesto che tutti stiamo vivendo dove non è il caso di creare divisioni; non sarebbero comprese dal nostro elettorato che generalmente e da tempo chiede unità e concretezza. Ho esperienza amministrativa, ho fatto il sindaco, sono stato presidente dell’Agenzia Torino Case ATC, dicono che ho fatto un buon lavoro. Sono una persona che ha relazioni che ascolta e decide, lavorando in squadra. Mi occupo di problemi che riguardano i cittadini, mi sono occupato di questioni sociali; mi riconoscono di non essere un partigiano nelle correnti, di non essere ben identificato con una maglietta.
Due anni di pandemia, finalmente la luce alla fine del tunnel sembra credibile ma c’è un partito che è cambiato come la politica e la comunità perché esso le rispecchia. Qual è il lavoro da fare?
Si inizia dal costruire una squadra di donne e uomini rappresentativi, di ogni sensibilità, che provengano dai territori, c’è bisogno di un lavoro corale e di ricucire la grande città con gli altri centri. Non mi riferisco solo ai grandi comuni del quadrante ma anche e soprattutto ai piccoli paesi, al canavese, al pinerolese, alla val di Susa. Zone che esprimono militanti e amministratori anche giovani che vanno rimotivati: questo è uno dei compiti fondamentali del partito.
Questo per quanto concerne politica e partito. Ma la comunità? Abbiamo giovani che dopo due anni di reclusione per la pandemia sono disorientati, baby gang, casi di malessere che il lockdown ha esasperato. Ma anche una crisi economica pre esistente che ha chiuso le aziende e messo in difficoltà le imprese.
Noi dobbiamo diventare il partito che è in grado di cogliere le trasformazioni della società e di ascoltare, di essere antenna sul territorio. Noi non siamo ancora stati sufficientemente il riferimento per quelle categorie che in questi due anni hanno sofferto di più, gli infermieri, i medici, gli oss, i volontari: tutti questi che han dato l’anima non si riconoscono necessariamente in noi. Poi ci sono i giovani, ma anche coloro che hanno una certa età e che han perso il lavoro e che rappresentano uno stato di disagio. Essendomi occupato di edilizia sociale so che non basta annunciare di occuparsi delle periferie ma bisogna proporre e portare avanti progetti concreti, e su questo ho già consultato il sindaco. Collaborare con le associazioni e con le cooperative di promozione sociale nei quartieri più deboli è importanti, con azioni ad esempio di portierato sociale, con l’ impiego di persone in difficoltà: queste sono azioni importanti per dare un senso alla richiesta di sicurezza che non è solo controllo del territorio ma allargamento e costruzione di progetti e di lavoro, proprio perché lì noi abbiamo un capitale sociale importantissimo che in questi anni non è stato adeguatamente considerato.
Aprendo l’agenda politica tanti sono gli appuntamenti elettorali: comuni al voto tra qualche mese per le amministrative, le politiche del 2023 ammesso che si vada a scadenza naturale di legislatura, e poi c’è il 2024 con l’elezioni per la Regione.
Anche se per le regionali c’è tempo, bisogna iniziare subito proseguendo l’iniziativa sul territorio di opposizione per rimarcare le cose che non vanno, non soltanto nella grande città ma anche nei territori dove abbiamo perso il collegamento con quelle realtà che sono a margine. C’è tempo, ma si comincerà subito di concerto con la segreteria regionale, perché è un obiettivo importante da centrare e sul modo per farlo c’è da lavorare.
Le politiche?
La scadenza naturale sarà il prossimo anno e oggi non abbiamo ancora un chiaro orizzonte elettorale perché la discussione sulla legge non si è ancora conclusa. Credo che però sarà centrale, nel lavoro sul territorio, sia l’attenzione persone in difficoltà che l’interlocuzione sociale con le attività produttive; le piccole medie imprese stanno ripartendo, sono medico del lavoro e lo vedo nella realtà quotidiana del mio lavoro, soprattutto questo se inserito nel contesto dell’utilizzo delle risorse del PNRR, rappresenta un’opportunità straordinaria che Torino dovrà saper cogliere.
Guardiamo alla Regione, Infine. L’opposizione del Pd in consiglio sottolinea più volte quanto la Giunta sia facile agli annunci, ai quali poi non segue sostanza. Lei che ne pensa?
Il buon utilizzo delle risorse, le buone pratiche e territorio sono gli aspetti che devono rilanciare la proposizione di un progetto da parte nostra che sia alternativo a quello deficitario della Regione. Su tutto, la sanità non ha presentato certamente il massimo in una situazione così complicata.
Infine le amministrative di primavera..
Le realtà locali stanno andando avanti: si lavorerà sui confini e sugli aspetti delle coalizioni. Credo che l’esempio di Torino sia un modello da seguire, le situazioni locali però saranno affrontate con le realtà di riferimento. Bisogna ascoltare chi sta sul territorio.