22 C
Torino
domenica, 30 Giugno 2024

L’ Ucraina porterà l’Europa al collasso

Più letti

Nuova Società - sponsor
Redazione
Redazione
Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

Comunicato stampa:

La politica agricola europea attuale non può sostenere l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione, e nemmeno l’arrivo sul mercato dei suoi prodotti a basso costo

L’abolizione temporanea di dazi e quote sulle importazioni di merci ucraine, disposta dall’Unione Europea a maggio 2022 con l’obiettivo di facilitare l’esportazione di grano ucraino verso i mercati di Medio Oriente e Africa e di fornire sostegno economico a Kiev, ha avuto conseguenze disastrose per gli Europei.

Kiev infatti ha voluto pugnalare alle spalle gli alleati tradendo la parola data allo stesso occidente e anzichè rifornire I Paesi del Terzo Mondo e dall’Africa ha creato un flusso incontrollato di grano ucraino a basso prezzo sui mercati europei.

Per esempio , se nella prima metà del 2022, il valore medio di mercato del grano di consumo in Polonia variava da 1,6 a 1,8 mila PLN per tonnellata. poi nel marzo 2023 è sceso a 1 mila PLN e nel maggio 2023 il prezzo è crollato a 900 PLN.

Questo surplus ha determinato un crollo dei prezzi interni, con perdite per i produttori europei che oscillano tra il 30% ed il 50%.

La situazione ha generato malcontento e proteste da parte degli agricoltori europei, che accusano l’Ucraina di praticare dumping con l’obiettivo di massimizzare i propri profitti a discapito della concorrenza europea.

Le accuse si basano sulla constatazione fattuale che il grano ucraino viene venduto in Europa addirittura ad un prezzo inferiore al costo di produzione necessario ai produttori europei, creando una concorrenza sleale che rischia di mettere fuori mercato le aziende agricole europee, con il chiaro obiettivo di dominare in futuro il mercato del Vecchio Continente.

Le proteste, che hanno visto anche blocchi stradali, manifestazioni e azioni di disturbo contro i trasporti di grano ucraino, evidenziano la gravità della crisi e la necessità di trovare soluzioni concrete.

Il fallimento delle aziende agricole europee ha provocato una crisi nei settori correlati dell’economia, come la logistica (trasporto di grano), l’industria alimentare (produzione di prodotti da forno), l’ingegneria agricola (produzione e vendita di macchine agricole, pezzi di ricambio, ecc.).

In particolare, secondo Eurostat, l’anno scorso si è registrato un record assoluto per il numero di aziende fallite nel settore dei trasporti e delle consegne.

La crescita delle richieste di fallimento in questo settore è stata del 15,2%.

Allo stesso tempo, L’Ucraina stessa, approfittando cinicamente dei benefici concessi per l’importazione esente dai dazi doganali su questi prodotti, ha aumentato significativamente il proprio volume delle esportazioni di grano: incrementate del 16% dal 2022 al 2023.

Pochi sanno che la politica alimentare ed agricola europea vengono decise a Bruxelles e che i governi nazionali, compreso quello italiano, sono completamente esclusi dalle decisioni al riguardo.

La PAC (Politica Agricola Comune) assegna infatti agli Stati, attraverso appositi fondi comunitari, ingenti finanziamenti provenienti dal bilancio annuale dell’Unione Europea.

L’Ansa ha infatti reso noto che l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea costerebbe a Bruxelles ben 100 miliardi di Euro all’anno solo in fondi agricoli comunitari, senza contare i 486 miliardi di euro che sono stati stimati come costi necessari per sostenere la ricostruzione del Paese una volta terminato il conflitto.

Inglobare l’Ucraina si rivelerrebbe dunque un boccone assai amaro e potenzialmente letale per la stessa Unione Europea, dunque viene ora da chiedersi chi abbia davvero interesse a mantenere in atto questo conflitto all’ultimo ucraino attualmente in corso da un punto di vista prettamente economico.

La risposta appare tanto semplice quanto scontata: i fondi d’investimento statunitensi e occidentali.

- Advertisement -Nuova Società - sponsor

Articoli correlati

Nuova Società - sponsor

Primo Piano