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domenica, 22 Dicembre 2024

Guerra al concetto di “guerra giusta”

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Giulia Zanotti
Giulia Zanotti
Giornalista dal 2012, muove i suoi primi passi nel mondo dell'informazione all'interno della redazione di Nuova Società. Laureata in Culture Moderne Comparate, con una tesi sul New Journalism americano. Direttore responsabile di Nuova Società dal 2020.

di Vittorino Merinas

Nella scorsa primavera si è svolto in Vaticano un convegno internazionale, cui ha prestato molta attenzione il Papa, conclusosi, certo anche spinta della situazione mediorientale, con un forte invito alla chiesa tutta a respingere definitivamente il suo ultrasecolare insegnamento sulla “guerra giusta”.

Un invito a nozze per un Papa che continua a ripetere che non si risponde all’odio con l’odio né alla violenza con una violenza superiore e che già pensa, rivela il cardinale Turkson, presidente del Consiglio per la Giustizia e la Pace, di concentrare il suo messaggio per la Giornata della Pace 2017 su strategie non violente per porre fine alla metodica bellica per risolvere i conflitti.
Un ritorno al biblico “non uccidere” già, precetto assoluto per i seguaci di Gesù nel corso dei primi tre secoli in cui andavano configurandosi le comunità cristiane? Istituzionalizzatesi queste,  fu inevitabile il confronto con la realtà sociale in cui erano inserite, soprattutto da quando Costantino le accolse, nelle quali la presenza di uomini d’armi non era più trascurabile. Impensabile imporre loro un aut aut: o cristiani o soldati. Tanto più che alle frontiere dell’Impero già premevano i “barbari”. Se già qualche Padre della chiesa aveva messo in questione l’assolutezza di quel principio, fu Agostino, vescovo di Ippona, nell’Africa ormai infiltrata di Vandali, a liberare la guerra dal suo aspetto demoniaco teorizzando la guerra “giusta”. Ci sono situazioni in cui la guerra è giustificabile. L’Antico Testamento ne è prova. Mosé le guerre le ha fatte e per ordine di Dio! Sono lecite e doverose quando le chiede  Dio o  le legittime autorità che in terra lo rappresentano.
Così il concetto di “guerra giusta” intraprese il cammino nella storia del pensiero teologico.  Tommaso d’Aquino stabilì i criteri della sua giustezza. Essa doveva essere dichiarata da Dio o dalla legittima autorità, per giusta causa e condotta nei debiti modi. Criteri dibattuti nel tempo, ma sostanzialmente conservati. A metà del Settecento Sant’Alfonso de Liguori, teologo tuttora seguito, ne allargava ancora le maglie: “E’ lecito uccidere i nemici nelle guerre giuste ed anche dubbiamente giuste quando si obbedisce al proprio monarca”.
Alla dottrina corrispose la pratica. Il mondo occidentale non soffrì mai carestie belliche. Dio e legittime autorità furono generosamente attivi. Non solo, ma gli stessi belligeranti si impancarono giudici di se stessi trovandosi sempre dalla parte della ragione e dei giusti modi. La chiesa non fu da meno dei laici. Prima per lei combatterono Imperatori e Principi. Poi, fattasi potere temporale, combatté per sé a difesa del propri territori o della fede infestata dalle eresie. Basti citare due Papi. L’ascetico e devotissimo Pio V così stimolava i suoi combattenti: “Riconciliarsi mai, non mai pietà. Sterminate chi si sottomette e sterminate chi resiste. Perseguitate ad oltranza, uccidete, ardete. Tutto vada a fuoco e a sangue purché sia vendicato il Signore”. Quanto alla difesa dei domini vaticani, basterà ricordare Giulio II, abile tessitori di leghe sante, più fiero dell’elmo di condottiero che della tiara papale, più pronto a calpestare campi di battaglia che sacri presbiteri.
Pur restando la dottrina della guerra giusta, lentamente mutò l’atteggiamento della chiesa sulle guerre combattute, sempre più turbata dalla loro crescente violenza, estensione e potere distruttivo.  Turbati non solo teologi e gerarchia, ma anche il laicato più consapevole. A far proprio questo turbamento fu Papa Giovanni che con l’enciclica Pacem in terris avviò una svolta decisiva. Le armi nucleari e la prospettiva di un loro uso mettevano in crisi una dottrina già fortemente discussa. L’enciclica non parlò di guerra giusta, ma sviluppò una forte sollecitazione all’uso della ragione e al ricorso al negoziato. Svolta che non trovò pieno consenso nella gerarchia, soprattutto di Paesi allora belligeranti nella lotta al pericolo comunista. Anche i papi che seguirono non osarono rompere con l’idea della liceità dell’uso delle armi almeno in situazioni di legittima difesa. Giovanni Paolo II giunse a perorare interventi umanitari armati. Il dissenso, soprattutto nel laicato, è comunque cresciuto ed è forse questa la prima volta che varca le mura vaticane. Il congresso ivi svoltosi ha detto chiaro al Papa di farla finita con una dottrina che regge la coda a guerre che, come è sotto gli occhi di tutti, causano danni immani in persone e cose senza nulla risolvere, giacché le vere finalità sono tutt’altro che porre pace tra i popoli che li subiscono. Che sia Francesco a chiudere con una dottrina che mai ha ridotto le guerre, per portare la chiesa sui campi di battaglia non a benedire bandiere, ma a gridare che le armi non fruttano né pace né giustizia .

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