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martedì, 11 Marzo 2025

Faccia a faccia Fassino Appendino. Al teatro Carignano in scena due idee della città futura

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di Vito D’Ambrosio

Un’ora. Sessanta minuti per mettere in campo una idea di città. Piero Fassino da una parte, Chiara Appendino dall’altra e in mezzo Maurizio Molinari, direttore de La Stampa che porta sul palco del Teatro Carignano le sue domande ma anche le sollecitazioni dei suoi lettori.

E sono città diverse che s’incrociano senza mai incontrarsi. Per Fassino lo sforzo è di rivendicare i meriti della gestione di una città che «arriva da sette anni di crisi e che non si è piegata». Dice che, nonostante tutto, ha tenuto e che potrà arrivare ai prossimi appuntamenti attrezzata. «Torino non è Calcutta». Cita documenti della Camera di Commercio e della Banca d’Italia che narrano di una «crescita dei mutui e di un aumento dell’ occupazione del 2%». È il rilancio della crescita e dello sviluppo che, secondo Fassino, consentirà di creare lavoro e benessere. Ed è per questo che la prima critica alla sua concorrente è per quelli che, secondo lui, sono i tanti ‘no’ della sfidante penta stellata ai progetti futuri o in fase di avvio.

No al treno da corsa Torino-Lione; no al progetto della Città della salute almeno per come è stato presentato nella versione del 2016 e critiche sulla gestione delle spese per i grandi eventi a scapito delle attività rivolte al sociale e al sostegno delle persone in difficoltà. Ma, dice Appendino: «segnalare delle criticità della città non significa non amarla». Poi ricorda la candidata che ci sono anche dei sì. C’è un assenso per la Linea 1 e 2 della metropolitana e alle azioni per sburocratizzare la società. Ma in tutto questo “Noi vogliamo condividere” le scelte con i cittadini compresa la scelta progettuale della Città della salute.

Ma è indubbio che le distanze sono molte: c’è troppa carne al fuoco per stare su tutti i temi. Solo la Città della Salute porterebbe via una giornata di riflessioni tecnico politiche che è impensabile esaurirle dentro il teatro. Però la tensione cresce quando Appendino spiega che la salute è un bene pubblico perché «i diritti essenziali devono essere pubblici e non svenduti ai privati».

Fassino, punto sul vivo, spiega: «Io non ho svenduto nessuna società semmai abbiamo ridotto la partecipazione nel capitale mantenendo efficienza ed efficacia». Ma, secondo il sindaco uscente, questa operazione è stata obbligata perché alla fine ha contribuito a produrre una riduzione del debito di seicento milioni.

Si intrecciano gli argomenti: cultura e periferie. Appendino spiega che vuole costruire “modelli partecipativi” con strutture di consultazione presenti nei territori. Le persone, sostiene la candidata sindaca, non devono sentirsi cittadini di serie ‘A’ o ‘B’ a seconda di dove abitano ma tutti devono essere parte di una comunità. E per contro Fassino snocciola i progetti che sono in cantiere da Regio Parco (periferia nord di Torino) a corso Polonia con la ristrutturazione del Palazzo del lavoro che è nel lato sud della città

Anche sulla gestione della cultura c’è una diversa visione dello sviluppo futuro. Per Appendino non si devono ridurre le risorse ma devono essere accessibili e assegnate per meritocrazia. «La cultura deve essere di tutti e per tutti». Nessuna contrapposizione tra ambiti ma più trasparenza.

Fassino argomenta che la città, anche grazie ai grandi eventi è diventata più attrattiva. Cita Fiorenzo Alfieri, storico assessore alla cultura nelle passate giunte, e rivendica il fatto che Torino è passati in pochi anni da uno a sei milione di visitatori all’anno. Dice: «La cultura in città è un modello fondativo di Torino».

Una incursione sulle politiche sociali e sulle politiche di integrazioni e sulle diverse visioni dell’emergenza rifugiati consegna al pubblico in sala una diversa tensione sul problema. Per Fassino la città «è multietnica ed accogliente. Al migliaio di profughi presenti in città stiamo cercando di offrire loro delle opportunità».

Chiara Appendino spiega che «il 38% dei bambini nelle nostre scuole è straniero ed è fonte di speranza. Il grande sforzo che dobbiamo fare è nella fascia tra i zero e sei anni. È qui che la città deve fare un grande lavoro. Dobbiamo creare dei tavoli interfedi che insistono nei nostri territori”. Dice Appendino che soprattutto nelle periferie occorre lavorare per evitare contrapposizioni che nascono dalla “paura dell’altro».

L’orologio segna che il faccia a faccia sta per finire. C’è il tempo per un ultimo richiamo. Ai motivi generali per stare di qua o di là. E allora Appendino spiega che i suoi valori sono «il lavorare duro, la cultura dell’ascolto e della partecipazione». Fassino si richiama alla: «Democrazia, libertà, responsabilità ma anche laicità che significa sapere che non sei mai portatore di una verità assoluta».

Infine l’appello finale. Chiara Appendino chiede di essere «Giudicata per le mie idee e per la squadra che ho scelto». Con una punta di evidente polemica verso Fassino che la sua squadra ancora non l’ha dichiarata. E anche in questo la candidata sindaca segnala il cambiamento che lei vuole rappresentare. Fassino, invece, è agganciato al tema dell’uscita della città dalla crisi rivendicando con l’appello al voto la continuità delle politiche anti crisi.

Così allo scoccare delle 21,30 finisce il faccia a faccia. Qualcuno dice che ‘ha vinto Fassino’ altri sono più cauti. In piazza Carignano restano domande appese. Chi vincerà per Torino? Tocca aspettare domenica notte.

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