Ieri a Venaria si è consumata una tragedia: il suicidio della quattordicenne di Venaria, morta dopo essersi buttata dal balcone della casa dei suoi genitori, probabilmente in seguito ai numerosi insulti ricevuti sui social network. Il giorno dopo, parlano i ragazzi della 4A dell’istituto professionale di Grafica e Comunicazione Bodoni, che partecipano, assieme ad altre dodici classi, al progetto “Non bull-arti di me” contro il cyberbullismo tenuto al Centro Studi Sereno Regis di via Garibaldi 13.
Alla domanda se Internet può favorire il bullismo Marco, 19 anni, risponde che «il problema spesso è la comunicazione con i genitori, e anche una forma di educazione sbagliata. Nella maggior parte dei casi, infatti, i papà e le mamme lavorano e non hanno il tempo di seguire i figli come dovrebbero, e l’approccio al social network così è indiscriminato». Anche la diciassettenne Alessia la pensa in modo simile: «Internet di per sé è un ottimo strumento, ma usato nel modo sbagliato può avere conseguenze terribili, soprattutto sulle persone più deboli. Il problema non è tanto nell’accesso alla rete quando della società».
Parole mature, da cui traspare una certa consapevolezza di un problema con cui la cosiddetta Generazione Duemila deve fare i conti da sempre. Poi il discorso si fa più specifico: «Qualche tempo fa due studenti si sono picchiati davanti alla nostra scuola – racconta sempre Marco – il motivo era un affare di ragazze. La cosa peggiore è stata che mentre i due ragazzi si pestavano tutti sono andati a vedere, e nessuno che facesse un passo per separarli. La gente ha paura».
Ma non si tratta solo di risse. «Nella nostra scuola ci sono molti studenti disabili sulla sedia a rotelle e qualcuno ha rotto il montacarichi per far salire solo le scale, con il risultato che hanno dovuto cambiare classe» raccontano Martina, 19 anni, Davide, 17 anni, ed Elena, 17. «I colpevoli non sono stati scoperti e adesso la scuola ha organizzato una colletta per ripagarlo – aggiunge Elena – non credo che si trattasse di bullismo specifico nei confronti dei disabili, ma di classico vandalismo». La differenza è molto sottile e intanto i ragazzi che non possono camminare vivono sulla loro pelle spiacevoli conseguenze.
«La nostra classe è un’isola felice – raccontano ancora – ma conosciamo molti episodi di persone insultate proprio tramite Ask, soprattutto ragazze molto sovrappeso o considerate “facili”».
L’episodio più grave viene fuori alla fine. «Qualcuno aveva creato una pagina anonima della nostra scuola – conclude Marco – si potevano fare segnalazioni che venivano pubblicate. In teoria doveva trattarsi di una pagina controllata dagli amministratori, in cui si potevano chiedere informazioni sui compiti o mandare messaggi a qualcuno che ti piaceva. In pratica, si è trasformato in un luogo dove la gente si insultava. “Cicciona, non metterti i leggins” era la frase più frequente, ma si è arrivati anche a scrivere che una ragazza aveva l’AIDS e a pubblicare una foto del fondoschiena di una professoressa, in cui si intravedeva un perizoma. È partita una denuncia dalla polizia postale e la pagina è sttaa chiusa, e ancora oggi non sappiamo chi l’abbia aperta. Ma sicuramente qualcuno che conosciamo».
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