Il fake, brillantemente risolto, subito dal ministro Guido Crosetto, il cui nome e la sua voce sono state al centro di un’incredibile truffa tentata ai danni di noti protagonisti dell’imprenditoria italiana, apre diversi interrogativi: Come è possibile che sia stata ideata ai danni di professionisti, con fior di consulenti, un simile raggiro? Una truffa riuscita con l’ex presidente dell’Inter Moratti che ha versato un milione di euro, cifra poi magicamente recuperata nei meandri di misteriosi conti olandesi.
Com’è possibile che navigati patron d’impresa abbiano ritenuto normale che uno Stato possa chiedere soldi a privati (promettendone la restituzione), per la liberazione di non meglio precisati giornalisti e soldati rimasti bloccati in Medio Oriente? Cosa si potrebbe pensare di una truffa organizzata in modo così metodico ricorrendo ai vertici di uno Stato? Certo vi è stato il precedente dei comici russi che hanno interloquito lungamente con la premier Meloni, ma in nessun paese civile si è mai pensato che sia normale che lo Stato chieda aiuto a privati per salvare delle persone. Certo non sono una novità le riservate collaborazioni tra grandi imprese presenti all’estero e servizi impegnati in certe aree. Ma che si arrivi a chiedere un obolo a facoltosi imprenditori per sequestri fantasma, tanto più facendo passare la cosa come “questione urgentissima” che riguarda la sicurezza nazionale” è sorprendente. Tra i vip oggetto del raggiro la famiglia Del Vecchio, che non è caduta nella trappola, Giorgio Armani, Diego della Valle, il gruppo Prada. La denuncia è stata presentata da un familiare della multinazionale Beretta e dal gruppo Menarini anch’essi presi di mira dai truffatori.
Sulla questione la Procura di Milano ha inteso vederci chiaro aprendo un’inchiesta, anche per prevenire l’estendersi del raggiro. Operando sui bonifici si è riusciti a risalire, bloccare e recuperare in Olanda i fondi versati (circa un milione di euro) e sarebbero indagati due cittadini stranieri.
Tutto questo in un momento ad alta tensione per gli apparati della sicurezza (in cui resta aperto il caso Paragon, il sofisticato software israeliano utilizzato per spiare le chat di whatsapp di alcuni giornalisti e attivisti), con reiterate voci su una lotta in atto tra corpi dello Stato, respinta con fermezza dal ministro della Difesa. Un ministro rimasto sotto pressione per la liberazione, con rientro immediato su volo di Stato, del generale torturatore libico Osama Elmasry, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Oltre al caso dell’ingegnere iraniano Abedini, incarcerato su richiesta degli Usa e fatto tornare nel suo paese nell’ambito dell’operazione che ha comportato la liberazione della giornalista Cecilia Sala. Questo in una realtà dei servizi in ebollizione dopo le dimissioni dal suo vertice di Elisabetta Belloni, divenuta consigliera della Von der Leyen.
Allarme cybersecurity
La Crosetto fake, brillantemente risolta, potrebbe essere solo l’inizio di ulteriori campagne di destabilizzazione e disinformazione. Se un deepfake vocale, che ha significativamente riguardato il ministro della Difesa, è riuscito a ingannare grandi imprenditori, cosa succederebbe se venisse usato in un contesto politico e militare anche internazionale quanto mai delicato?
Dove potrebbe spingersi e quali rischi potrebbe comportare l’intelligenza artificiale come strumento a supporto di menti criminali e destabilizzatrici per la sicurezza nazionale? Sembra che il problema sia quanto mai attuale anche alla luce dell’invasione di fake (pure video) sul web e per i sistematici attacchi informatici, in particolare da parte di hacker russi (NoName057), che da giorni prendono di mira e mandano in tilt infrastrutture on line della pubblica amministrazione locale. Cosa succederà con i dati raggirati?