Quattrocento real. È quello che viene offerto ai poveri che vivono vicino agli stadi per cacciarli via. Se non accettano arrivano le ruspe per quello che chiamano operazioni di pacificazione.
«Ci sentivamo più protetti dai narkos che dalla polizia», dicono alcuni sfollati.
In Brasile il clima sociale è esplosivo.
Cecilia, una donna di Rio e che vive a Torino da molti anni dove gestisce una bocciofila sul lungo Po, è in continuo contatto con la realtà brasiliana. «In queste condizioni per me non è possibile tornare a trovare i miei genitori», racconta.
In Brasile tutti hanno visto le proteste che si sono accese in occasione della Confederation Cup di calcio. Proteste di massa che testimoniavano un disagio sociale sempre più allarmante.
Ora si assiste ad una recrudescenza sempre più forte di fenomeni violenti alquanto originali.
In un recente video su Rete Globo si può vedere un assalto di centinaia di giovani che piombano tra i turisti che prendono il sole sulla famosa spiaggia di Ipanema. Le chiamano “arrestao” che significa trascinare tutto.
Ma questo è il minore dei mali. I poveri organizzati si ritrovano in massa davanti ai supermercati che vengono assaltati da un fiume umano di disperati che arraffano ogni cosa: “rolezinho” come le reti dei pescatori. Ora molti centri sono presidiati ma è davvero difficile fronteggiare queste ondate di disperati se arrivano a nugoli di centinaia o migliaia che arraffano tutto il possibile.
Cecilia aggiunge: «Quando si forma una coda di macchine per un posto di blocco non si sa mai se si tratti di polizia o bande criminali che arrivano con motorino e fucile fermando il caotico traffico, con code chilometriche, depredando e minacciando i malcapitati bloccati nelle auto. Un caso particolarmente cruento si registra nel tunnel de Rebolsas. Un punto ad alto rischio di Rio. I criminali non si fanno certo problemi a sparare su chi scappa o reagisce». Come è successo di recente a un bus che ha tentato la fuga ed è stato preso a mitragliate che hanno ucciso alcune persone.
A tutto questo si aggiungono fenomeni di vandalismo. A San Paolo hanno bruciato 35 bus fermi al capolinea. Un quadro allarmante che va ben oltre l’ordinaria violenza di un paese bellissimo che vede la ricchezza di pochi continuare a salire a fronte di una mole di disperati che si arrangiano nelle favelas. I ricchi girano in elicottero e non si avventurano per le strade di Rio Una megalopoli di venti milioni di abitanti e nessuno può dire con precisione quanti siano.
Quello che ha particolarmente colpito è la testimonianza di un giornalista inglese che è riuscito a parlare con alcuni capi delle potenti bande che gestiscono il narcotraffico. Ebbene questi boss hanno dichiarato di voler alimentare ulteriori violenze, anche con possibili atti terroristici, proprio in occasione degli imminenti mondiali di calcio.
Per preparare l’evento si ripuliscono le piazze dove bivaccano i tossici e trafficanti. Si sono anche registrate delle stragi di bambini e ragazzini che vivono in queste piazze denominate crackolandia. E’ anche possibile all’improvviso rimanere intrappolati in un regolamento di conti tra bande criminali.
Certo non vi sono programmi assistenziali per questi disperati. Anche la situazione degli ospedali è drammatica. Di fatto una seria assistenza medica esiste solo per i ricchi. C’è da chiedersi: ma dovevano farsi proprio in Brasile questi mondiali? Un paese dove le contraddizioni, nonostante i boom economici segnati dagli indicatori, continuano ad acuirsi. Il fenomeno si è amplificato dopo che al posto di Lula è diventata presidente la signora Dilma Rouseff che fa sempre parte del Partito dei Traballiadores di Lula che tante aspettative di crescita sociale aveva alimentato.
Ritornando all’abbattimento delle favelas nei pressi degli stadi c’è da dire che per i poveri non vi sono margini di contrattazione. Devono solo sparire. O prendere pochi soldi o le ruspe.
Ora gli investimenti stanno puntando sulle colline dove vi sono le favelas. La povertà non si cancella con progetti di crescita e programmi sociali. Si elimina e basta come una piaga da cancellare. Intanto i poveri tentano forme di reazione e mettono in rete i video di queste operazioni di repressione. Nonostante la loro disperazione sanno organizzarsi. Per il mondiale si preparano tempi duri. Le pacificazioni con le ruspe porteranno ulteriori tensioni. Tra amare il calcio e non avere più casa e speranza non vi è scelta. Si lotta.
Moreno D’angelo
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