La rivendicazione dell’uccisione del parrocco Jacques Hamel, a Saint Etienne du Rouvray, da parte di due “affiliati” all’Is è arrivata tramite l’agenzia Amaq.
Un nome quello di Amaq News Agency nella lista dell’intelligence di tutto il mondo, visto che molti la ritengono la voce del Califfato.
Ma come lavora questa pseudo agenzia stampa, che grazie a Daesh ha fatto la sua fortuna? Le sue fonti sono i terroristi stessi: il Califfato invia a video e materiale direttamente ad Amaq. Poi Amaq attraverso applicazioni o anche con piattaforme e chat come Telegram, rende di dominio “quasi pubblico” le news.
Le grandi testate mondiali fanno il resto, utilizzando Amaq come una qualsiasi agenzia d’informazione.
I giornalisti di Amaq News lavorano in maniera indipendente rispetto alle altre forme di propaganda dell’Is. In apparenza. Nessun logo del Califfato, ma il linguaggio nei servizi svela il vero scopo. Non esistono parole come “terrorismo” nei servizi, ma “miliziani” o “combattenti”. Il nemico è “il crociato”
Le prime news diffuse da Amaq erano quelle relative alla battaglia di Kobane del 2014. I militari dell’Is condividevano sui loro social network i lanci dell’agenzia.
Ha monitorare il lavoro di Amaq c’è uno dei più importati portali di analisi dei media cosiddetti jiahidisti è il Site Intelligence, che, per bocca della sua direttrice Rita Katz, definisce l’agenzia «un media di un Stato». Quello di Daesh, appunto.