È l’Italia che guida la task force europea per la sorveglianza dell’amianto. È un riconoscimento ambivalente, laddove si riconosce al nostro Paese una responsabilità autorevole, che è però evidentemente giustificata dalla tragedia dell’amianto che, storicamente, ha sempre abitato l’Italia. La lunga scia di morti per tumore, data dall’esposizione professionale ed ambientale all’amianto, è una triste e problematica realtà. L’amianto miete circa 3000 vittime ogni anno, 1500 per mesotelioma. Ogni 12 mesi vengono smaltite 380mila tonnellate di rifiuti di questo minerale: un numero che può sembra alto ma che invece evidenzia l’insufficienza dell’azione contro l’amianto, perché a questi ritmi, serviranno ancora 85 anni per completare la dismissione degli oltre 32 milioni di tonnellate di asbesto presenti in Italia.
Dati e indicazioni sono emerse dalla “III Consensus conference italiana per il controllo del mesotelioma maligno della pleura”, che si è tenuto a Bari. «E’ il cancro “marker” dell’esposizione all’amianto» hanno spiegato i presidenti del convegno, Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, e Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione italiana di Oncologia medica e direttore dell’Unità operativa di Oncologia dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
In Italia dal 1992 è stata vietata ogni attività di estrazione, commercio, importazione, esportazione e produzione di amianto, ma da più parti continua ad essere brandito l’imperativo di fare di più per la bonifica dei siti contaminati. «In quindici anni, fra il 1993 e il 2008, in Italia si sono registrati più di 15mila casi di questa neoplasia particolarmente aggressiva. Purtroppo la percezione del rischio è ancora bassa. È fondamentale velocizzare i tempi della bonifica dei siti contaminati, che può essere eseguita solo da personale specializzato. Questo minerale è presente ancora in grandi quantità e in varie forme in stabilimenti ed edifici, pubblici e privati, in tutte le nostre Regioni» hanno dichiarato Scagliotti e Pinto, aggiungendo: «Deve inoltre essere migliorata la sorveglianza sulle persone più esposte, cioè gli ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano amianto. Anche se il mesotelioma è stato inserito nell’elenco delle malattie professionali, vi sono ancora inconcepibili ritardi nel riconoscimento previdenziale. Vanno inoltre garantiti uguali diritti ai pazienti con mesoteliomi insorti dopo esposizioni ambientali ad amianto, ai familiari dei lavoratori e alla popolazione generale».
Un’emergenza, quella dell’amianto e dei collaterali danni, che deve esser affrontata di petto, e non in maniera latente, perché il materiale è ancora presente sul territorio nostrano, nelle scuole, nei tetti degli edifici, negli ospedali, nelle case di riposo e nelle aree residenziali e industriali attive o dismesse. La vicenda Eternit, con tutta la sua tragedia, industriale e politica, umana e sociale, è solamente l’ultimo grande caso che ha occupato le cronache italiote. L’amianto è un agente cancerogeno non solamente per il mesotelioma pleurico, ma anche per polmoni, laringe, ovaio, peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo, colon-retto, esofago, stomaco e faringe.