Non si schiarisce il cielo della partita ucraina, né l’accordo di Ginevra del 17 aprile né la tregua pasquale hanno fatto ottenere risultati significativi, laddove il compromesso svizzero ha mostrato tutta la sua fragilità e il break del conflitto non si è presentato sul palcoscenico. La disputa resta aperta, con molteplici punti interrogativi che determinano una difficile prevedibilità degli eventi così come con rinnovata importanza alla luce del tenore dello scontro assunto nel gioco geopolitico degli anni 2000.
L’Ucraina si ribella per l’Europa
La crisi dell’Ucraina, in questi ultimi mesi, ha trascinato per le vie infinite della comunicazione tante favole e storielle, vere o presunte, strumentalmente interpretate ma anche sprovvedutamente incomprese. Sui media mainstream così come sui social network, l’esplosione di piazza Maidan è stata accolta anche con equivocità e fumosità, quantomai nella sua genesi: alle nostre latitudini spesso ci si emoziona per i conflitti che avvengono altrove, soprattutto per il loro verificarsi lontano, producendo quindi un compiacimento quasi infantile per una sommossa che non si conosce affatto. “L’Ucraina si ribella per l’Europa”, ci ricorderemo questo virale slogan come una delle migliori battute di inizio secolo. Rimangono evidenti le solite contraddizioni e le interessate storture applicate ai conflitti, con al centro un diritto internazionale che si vuole applicare a uso e consumo delle potenze uscite vittoriose dal secolo scorso.
Black square?
Le vicende di piazza Maidan sono state raccontate a più riprese in questo infiammato inverno ucraino. Spesso la fantasia e la sproporzionalità hanno contraddistinto la cronaca degli eventi. Questa non è una rivoluzione arancione, non solamente perché il colore che ha dominato la coda degli scontri della piazza è stato il nero del protagonismo dei neonazisti di Settore Destro, ma anche perché è stato aggiornato il progetto di destabilizzazione dell’ex Paese sovietico. Quel che deve essere affiancato ai due elementi precedentemente tratteggiati è la rabbia covata dai ceti medi e dai giovani di Kiev e dintorni per la situazione problematica di un Paese sorretto dalla Russia, affascinato dall’Occidente e governato da un manipolo di avidi oligarchi. Non può essere negato il principio di scontento che ha riempito per molti giorni le piazze, così come non possono essere nemmeno confutate le rilevanze importanti che hanno assunto il sostegno non solamente politico e l’addestramento militare provenuto dall’Occidente per i ribelli di Maidan. Lo scenario non è ovviamente quello dell’ennesimo complotto ma è proprio di una guerra geopolitica in una zona di frontiera vitale per la ratifica del nuovo ordine mondiale, racchiudendo lotte e scontri che comunque non si possono pretendere genuini e profumati.
Tregua armata
Quotidianamente prosegue lo scontro ucraino, resistono le linee di guerra tracciate nel periodo successivo alla Dichiarazione di indipendenza della Crimea, avvenuta lo scorso 16 marzo. Continuano a consumarsi violenze nell’Est del paese, dove rimangono occupati gli edifici governativi di più di 9 città. Il governo d’emergenza sta tentando, senza successo, di costringere alla resa la popolazione russofona, la quale ha indetto un referendum per l’indipendenza della regione di Donetsk, che sembra confermato per il prossimo 11 maggio. Le elezioni presidenziali dell’Ucraina invece si terranno il 25 maggio. A più riprese sono state annunciate tregue per gli scontri tra le parti in causa, ma pressoché nessuna ha retto per rispettare i propositi annunciati. Nel frattempo proseguono gli spostamenti delle truppe americane e russe: Washington sta inviando 600 soldati sul Mar Baltico, Mosca mantiene le sue 40mila unità sulla linea orientale dell’Ucraina. L’altro giorno il vicepresidente statunitense Joe Biden, in visita a Kiev, ha minacciato nuove sanzioni per la Russia e nuovi aiuti economici ed energetici per l’Ucraina, oggi il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha rinfrescato a mezzo stampa la memoria occidentale, alludendo al corso degli eventi della guerra di Georgia dell’estate 2008.
Staremo a vedere come si evolverà lo scontro ucraino, all’oggi molte nubi offuscano il cielo orientale: bisognerà mantenere l’attenzione sul più recente dei conflitti della geopolitica della global crisis, perché fondamentale nello scacchiere moderno, nella battaglia della coppia tedesca-americana per destabilizzare e sfondare a Est contrapposta all’opposizione russa impegnata nel proteggere preziose zone territoriali. Banalizzata, la disputa sembra essere tra il premio Nobel per la pace Barack Obama e uno dei suoi possibili successori per il trono di Oslo… un premio che oramai di pacifico promette ben poco.
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