È di nuovo braccio di ferro tra Fiat e Fiom. L’azienda torinese non apre alla richiesta del sindacato metalmeccanico della Cgil di attuare un tavolo unico di trattative con le altre sigle.
«L’azienda non ha alcuna pregiudiziale politica – dicono dal Lingotto – ma un tavolo unico è impraticabile, non in grado di portare alcun risultato concreto».
Insomma solita solfa, anche se i piani alti della Fiat dicono di sì ad andare avanti nel dialogo ma, specifica, su tavoli separati.
Anche perché «le posizioni della Fiom sono antitetiche con quelle delle altre organizzazioni sindacali anche perché la stessa Fiom non ha mai riconosciuto il contratto specifico di primo livello su cui è in corso il confronto», dicono dall’azienda automobilistica.
È questo quanto emerso dall’incontro di questa mattina all’Unione Industriale a cui la Fiom ha partecipato con il preciso intento di un «tavolo unico di trattativa» e di «relazioni sindacali normali». Presenti anche il responsabile Fiat della Fiom Michele De Palma, i segretari del Piemonte e di Torino, Vittorio De Martino e Federico Bellono, delegazioni di lavoratori e dirigenti provenienti dalla Lombardia, dall’Emilia, da Pomigliano e anche lavoratori della Irisbus.
Un dialogo, quello tra Fiat e Fiom, spinto dopo la sentenza della Corte Costituzionale del giugno scorso che ha stabilito il diritto dei metalmeccanici Cgil di svolgere attività sindacale anche se non firmataria del contratto. Le altre sigle, Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione quadri, che hanno sottoscritto il contratto nazionale riprenderanno la discussione il 13 e il 14 gennaio.
Un incontro che suona come un “contentino di facciata” a cui il segretario generale della Fiom Maurizio Landini ha dato una netta risposta: «L’azienda ha ribadito più volte che quello aperto con noi è un tavolo negoziale e che non ci sono tavoli di serie A e i serie B. Fisseremo nei prossimi giorni la data di un nuovo incontro. Entro gennaio si riunirà nuovamente il coordinamento dei delegati Fiom del gruppo Fiat. Per noi l’obiettivo resta un tavolo unico perché il tavolo doppio non porta a nulla ed è un modo per non applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Non mi pare che neanche sul l’altro tavolo ci sia una grande trattativa. I lavoratori non hanno bisogno di ulteriori divisioni».
Si parla anche dei progetti industriali. «Dopo l’accordo con Veba c’è una serie di questioni che riguardano Fiat e il Paese – ha detto Landini – La discussione deve coinvolgere il governo».
Landini si sofferma anche sull’acquisto della casa automobilistica americana, Chrysler, colpo di coda del maglioncino blu più famoso al mondo: «Marchionne dal punto di vista finanziario ha fatto un’operazione molto brillante, è riuscito a comprare la Chrysler in buona parte con i soldi della Chrysler, ma l’indebitamento complessivo del gruppo, è sotto gli occhi di tutti, è aumentato. La domanda è dove si prendono i soldi per fare gli investimenti, ad esempio per rilanciare il marchio Alfa Romeo».
«Il problema è capire gli impegni industriali che ci sono nell’accordo con Veba – osserva Landini – perché i sindacati statunitensi chiedono che una serie di modelli e produzioni rimangano negli Usa o vengano riportati là. Allora bisogna fare una discussione generale sia sui modelli sia su dove si vanno a prendere i soldi per fare gli investimenti. Mi pare che questa non sia una preoccupazione solo della Fiom. Di questo vorremmo poter discutere con l’azienda e anche con il governo perché altrimenti, se non si fanno queste scelte, corriamo il rischio di discutere solo di cassa integrazione e fra due tre anni, quando la cassa finirà, non so di cosa discuteremo».
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