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domenica, 15 Settembre 2024

I Cattolici, la politica e la “profezia” di Martinazzoli

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Nuova Società nasce nel 1972 come quindicinale. Nel 1982 finisce la pubblicazione. Nel 2007 torna in edicola, fino al 2009, quando passa ad una prima versione online, per ritornare al cartaceo come mensile nel 2015. Dopo due anni diventa quotidiano online.

di Giorgio Merlo

Mino Martinazzoli in una delle sue ultime irresistibili riflessioni/provocazioni disse che  «l’unità politica dei cattolici non è certamente un dogma come, però, non è un dogma neanche la diaspora politica dei cattolici». Una riflessione tagliente ma precisa, impeccabile nella sua razionalità e nella sua logicità.
Ora, è indubbio che il passato non ritorna e le stesse esperienze di un tempo, gloriose o meno gloriose che furono, non possono essere riproposte con la dovuta freschezza e modernità. Appartengono alla storia e come tali vanno giudicate e analizzate. Ma è altrettanto indubbio che la sfida che il grande statista bresciano lanciò poco tempo prima della sua scomparsa non può essere semplicisticamente e banalmente liquidata. Non a caso, appena si profila qualche tema “sensibile” nell’agenda politica italiana cresce l’attenzione e la curiosità su “cosa faranno adesso i cattolici“. Una domanda che trasuda curiosità ma anche e soprattutto attenzione per la presenza politica, culturale ed etica di un filone ideale che nel nostro paese – per motivi storici ben noti – ha contribuito in modo determinante a costruire e a consolidare la democrazia e a radicare il peso e il ruolo decisivo delle stesse istituzioni democratiche.
Un filone culturale che è destinato, piaccia o non piaccia, a condizionare le scelte e le decisioni della politica italiana. Anche se l’autorevole e straordinario magistero di Papa Francesco ha rinnovato profondamente lo storico rapporto con la politica e le stesse istituzioni da parte di Oltretevere, è abbastanza evidente che finché la cultura cattolico democratica e il popolarismo di ispirazione cristiana avranno delle munizioni culturali e politiche da spendere non potranno essere definitivamente archiviati e storicizzati. Certo, con modalità organizzative e contingenti diversi dal passato recente e meno recente. Probabilmente, anzi quasi certamente, senza riproporre un “partito di cattolici” per dirla con Luigi Sturzo. E senza, forse, riproporre neanche “correnti dei cattolici” all’interno dei rispettivi partiti di appartenenza.
Insomma, è cambiato radicalmente il modo d’essere dei cattolici nella politica e nella società italiana. Come sono cambiate profondamente le ragioni che giustificano le appartenenze politiche contemporanee. “Post partiti frutto di post identità” come ha definito i partiti italiani un intelligente osservatore come Ilvo Diamanti. Ma una cosa è certa: la cultura politica dei cattolici italiani – mi riferisco in particolare alla tradizione cattolica democratica e popolare – non va in pensione. È ancora utile per la qualità della democrazia italiana e per lo stesso perseguimento del “bene comune”. Sotto questo versante, il monito di Mino Martinazzoli non è destinato a cadere nel vuoto.

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