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venerdì, 6 Dicembre 2024

Caso Orlandi. “E’ lei eminenza?” “In persona”. Il giallo della telefonata tra l’Amerikano e il cardinale Casaroli.

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Moreno D'Angelo
Moreno D'Angelo
Laurea in Economia Internazionale e lunga esperienza avviata nel giornalismo economico. Giornalista dal 1991. Ha collaborato con L’Unità, Mondo Economico, Il Biellese, La Nuova Metropoli, La Nuova di Settimo e diversi periodici. Nel 2014 ha diretto La Nuova Notizia di Chivasso. Dal 2007 nella redazione di Nuova Società e dal 2017 collaboratore del mensile Start Hub Torino.

Sono solo due parole ma possono contare moltissimo. Farebbero parte della telefonata più inquietante del caso Orlandi, avvenuta il 19 luglio 1983, famosa in quanto il suo incipit fu reso pubblico. Quella in cui una suorina del centralino della Santa sede cercava agitatissima di comunicare con il cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli. Per stabilire il contatto era stato concordato un codice riservato – il 158 – specificatamente concesso dalla autorità vaticane ai sequestratori della loro concittadina, la quindicenne Emanuela.
Ci vollero più di tre minuti prima di rintracciare il porporato numero due del Vaticano. Il fatto è noto, ma cosa si siano detti il misterioso telefonista e il segretario di Stato è rimasto sempre un mistero. 
Dall’altra parte del filo, la voce decisa e sottilmente sarcastica del cosiddetto Amerikano. Quello che a tutti gli effetti dovrebbe essere Marco Fassoni Accetti, l’enigmatico fotografo e superteste (prima indagato e poi prosciolto dalla procura di Roma), che ha scritto un memoriale, si è autoaccusato di aver preso parte ai sequestri Orlandi- Gregori e nel 2013 ha fatto ritrovare il flauto riconosciuto dai familiari come quello di Emanuela Orlandi.
L’incipit della comunicazione, secondo quanto rivelato dal giornalista-scrittore Fabrizio Peronaci nel suo gruppo Facebook di giornalismo investigativo, era questo: 

“E’ lei Eminenza?”
“In persona!” 
“Fate pubblicare i nostri comunicati?”
“Noi non abbiamo questo potere”, la risposta di Casar
oli. 

Ovviamente sarebbe importante conoscere il resto della comunicazione.  Per il giornalista Peronaci “a questo punto il Vaticano apra il dossier in suo possesso sul caso Orlandi, trovi quella trascrizione e controlli se quelle frasi tra virgolette di Casaroli ci sono e corrispondono”. Un modo per chiarire una volta per tutte chi è l’Amerikano.  Una figura enigmatica che sicuramente sa molte cose che risalirebbero addirittura anche ai preparativi dell’attentato a Papa Wojtyla. Non a caso il codice 158 è un possibile chiaro riferimento alla data di quell’evento del 13 maggio 1981 (tramite l’anagramma di 5-81, mese e anno).
Il contenuto delle telefonate e l’esistenza di un dossier Orlandi in Vaticano, più volte ribadito da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela,  è sempre stato oggetto di richieste e di istanze per rogatorie cadute nel vuoto. 
Fabrizio Peronaci, che ha da poco pubblicato il suo libro “Il crimine del secolo” dedicato alle connessioni tra attentato al Papa e sequestro Orlandi, che si sta imponendo tra i bestseller del momento,  fa riferimento a una voce, a  testimonianze, probabilmente in tonaca,  che potrebbero conoscere il testo di quella telefonata e aprire uno squarcio fondamentale nel silenzio perdurante della Santa Sede – e non solo – su questo caso che racconta in modo esemplare ombre e reticenze di quel periodo storico.

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