Dall’acqua dello spazio per gli astronauti, alle analisi per scoprire quali pericoli si nascondono in quella che beviamo ogni giorno. Dalla stazione spaziale ai celebri “Turet” fino al rubinetto di casa.
Quello che sembra un’operazione semplice, come bere un bicchiere d’acqua quando abbiamo sete, è in realtà il frutto del lavoro quotidiano di sessanta tecnici e sei ricercatori che nel Centro ricerche Smat monitorizzano e controllano ogni giorno quello che dalla sorgente arriva fino alle nostre case.
Già, perché la struttura di corso Unità d’Italia, a fianco del fiume Po, inaugurata una decina di anni fa, è una delle più all’avanguardia non solo in Italia ma in Europa. “Qui è dove costruiamo il futuro – spiega l’ingegner Paolo Romano, Ad di Smat – Lavoriamo per l’innovazione tecnologica che non solo serve per sviluppi particolarissimi, come fornire acqua agli astronauti nello spazio, ma anche per migliorare i servizi ai cittadini”.
E lo sanno bene i tecnici che ogni giorno aspettano l’arrivo di circa 100 campioni prelevati dalle acque dei 300 comuni dell’area metropolitana torinese gestiti da Smat. Di ciascuno si tratta di analizzare ogni parametro biologico e chimico per assicurare che non ci siano batteri o sostanze nocive.
Lo sanno anche i sei giovani ricercatori, tutti under 35 a dispetto di curricula lunghissimi e qualificati, che lavorano ogni giorno su progetti all’avanguardia in collaborazione con diverse università in Italia e nel mondo.
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