«Di Maio ci fai o ci sei?»: è la domanda che pone il senatore del Partito Democratico Mauro Laus, dopo che il vicepremier nonché ministro del Lavoro si è detto stupito dal fatto che i Dem non voteranno la proposta sul Salario Minimo targata Cinque Stelle.
«Lega e Pd mi spieghino perché non lo vogliono votare», ha detto Luigi Di Maio, aggiungendo che il tema era nel contratto di governo. Non solo. Anche nei programmi del Pd.
Laus, che ha proposto un documento sul Salario minimo, oltre alla domanda “ci fai o ci sei” afferma che «il ministro continua a far finta di non capire e si domanda come mai il Pd non voterà la proposta 5stelle sul salario minimo. E pensare che sarebbe bastato degnarsi di venire in Commissione Lavoro e magari farsi aiutare dal sottosegretario leghista Durigon che in commissione c’era e che durante i miei 45 minuti di intervento pare aver ben compreso i rischi cui ci espone quel ddl così come è scritto».
«Se inoltre Di Maio – incalza Laus – frequentasse il Senato come frequenta i salotti televisivi avrebbe capito che il passaggio in Commissione di entrambe le proposte, quella PD a mia prima firma e quella del Movimento presentata da Catalfo, è servito ad aprire una nuova strada, quella per una legge sulla rappresentanza sindacale capace di garantire una contrattazione collettiva erga omnes e capace quindi di superare lo strumento stesso del salario minimo orario».
E ancora. «Il ministro ha perso qualche puntata perciò si stranisce. E dimostra di non aver nemmeno letto il testo che difende. Altrimenti saprebbe che non contiene nessuna misura compensativa per chi dovrà farsi carico della applicazione della legge, ossia le imprese ma anche la pubblica amministrazione quando affida servizi all’esterno».
Laus entra nello specifico: «Nel testo non è prevista alcuna forma di decontribuzione, nessun intervento sul cuneo fiscale e nemmeno un euro a fronte dei maggiori oneri previsti per gli enti locali».
«Questo significa decretare il fallimento di centinaia di piccole e medie imprese già in difficoltà, oltre a gravare sui governi dei territori dove le risorse storicamente scarseggiano. Fallimento significa assenza di lavoro e dove non c’è lavoro non c’è salario. Nemmeno il minimo», conclude il senatore Pd.