Il Ministero dei Beni Culturali del governo delle larghe intese, presieduto da Enrico Letta e sostenuto dal Partito Democratico, ha offerto cinquecento posti di lavoro, con contratto precario, da assegnare a laureati, attraverso un concorso nazionale, con uno stipendio di tre euro e cinquanta centesimi all’ora, per un totale di cinquemila euro all’anno.
Essendo un concorso nazionale, gli aspiranti al posto perverranno da tutta Italia, dal nord come dal sud, i quali nel caso di rientrare nei cinquecento vincitori, dovranno stabilirsi a Roma, quindi trovare almeno una stanza in una pensione o presso qualche famiglia che li ospiti.
Il costo minimo di un letto in una pensione o da un affitta camera nella Capitale, oggi, si aggira sui 300-350 euro mensili.
Al fortunato vincitore del concorso rimangono a disposizione 150 euro per nutrirsi, per pagarsi le spese di lavanderia, per i trasporti (tram, metrò, autobus) e per il tempo libero (cinema, teatro, musei, libri ecc.) che in qualche modo dovrà occupare trattandosi di giovani tutti laureati se non addirittura ricercatori post laurea.
È più che comprensibile la manifestazione di protesta inscenata stamane in piazza del Pantheon da parte di alcune centinaia di aspiranti a concorrere al sognato posto di lavoro.
Incomprensibile, anzi, sconcertante invece l’emanazione di un bando indetto non da un capo della ‘ndrangheta calabrese che recluta la manodopera tra gli extracomunitari raccoglitori di pomodori o di mandarini, ma da un Ministero della Repubblica italiana fondata sul lavoro.
Tre euro e cinquanta centesimi all’ora!
Non si vergognano il ministro “competente” e il capo del governo che hanno firmato tale bando?
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